
J. D. Vance alla Casa Bianca. Foto: Reuters
Molti hanno ancora negli occhi le immagini dell’acceso scontro nello studio ovale tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, con un protagonista inaspettato al fianco del presidente USA: quel James David Vance che da qualche anno rappresenta uno dei volti nuovi della politica americana, ultima versione del mito dell’uomo che emerge dal nulla per scalare i vertici del potere. Ma chi è davvero l’attuale vicepresidente? Quali sono le basi del suo percorso politico e culturale? Ne abbiamo parlato con Marco Mondini, storico contemporaneista dell'Università di Padova, che ci ha aiutati a decostruire il fenomeno J.D. Vance, il suo percorso e la sua narrativa.
"Il suo è per molti versi un paradigma: la sua storia è stata venduta come la parabola del nuovo americano, un self-made man che si fa strada nonostante le difficoltà”, spiega Mondini, che presso l’ateneo padovano insegna anche History of conflicts. La realtà, come spesso accade, è più complessa. Come racconta lui stesso nel best seller Hillbilly Elegy (tradotto in Elegia americana, Garzanti 2017), Vance cresce in una famiglia segnata da povertà ed emarginazione: la sua via di fuga passa per l'arruolamento nei Marines, che gli consente di accedere a Yale e di arrivare fino ad arrivare al Senato.
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L'esperienza militare di Vance non è quella di un combattente: "Il suo ruolo è quello di un addetto alla pubblica informazione, in sostanza alla propaganda – precisa Mondini –. Qui impara l'arte della comunicazione politica, la capacità di dire alle persone ciò che vogliono sentire". Una formazione che influirà sulla sua carriera politica, assieme alla sua provenienza dalle classi povere bianche: "Dobbiamo però stare attenti a non confondere realtà e narrazione, che è servita per costruirsi un'immagine che gli ha permesso di inserirsi nel dibattito pubblico come simbolo del riscatto repubblicano", avverte lo storico.
Una delle svolte più sorprendenti del percorso politico dell’ex senatore dell’Ohio è stata la conversione politica da acceso critico di Donald Trump a uno dei suoi più fedeli sostenitori. "Più che un alleato, oggi Vance è un discepolo di Trump – chiarisce Mondini –. Ha colto l'opportunità: ha capito che il presidente avrebbe avuto una chance concreta di tornare al potere e si è schierato senza esitazione".
Altro aspetto chiave è la sua visione della politica estera: fin dall'inizio dell'invasione russa infatti J.D. Vance si è distinto per la sua posizione di netto rifiuto sugli aiuti a Kyiv: "Già nel 2022 dichiara che non gli interessa assolutamente nulla dell'Ucraina – continua lo storico –. Questa posizione del resto si riallaccia strettamente alle sue origini e al suo percorso e si inserisce in una più ampia ‘ideologia del tradimento’, secondo la quale l'America avrebbe ingannato i suoi soldati mandandoli a combattere guerre inutili per mantenere la democrazia in altri Paesi".
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Un risentimento che si proietta innanzitutto verso l'Europa: "Vance condivide l'idea, diffusa in molti ambienti americani, che da tempo gli europei si siano adagiati sulla protezione militare degli Stati Uniti senza contribuire davvero alla difesa comune". La sua posizione sull'Ucraina e la NATO suggerisce che un'America sotto la sua guida potrebbe diventare ancora più isolazionista di quanto non sia stata con Trump.
Se gli USA si stanno abituando a leader populisti e polarizzanti, Vance rappresenta un'evoluzione di questa dinamica: "Non è solo un fedelissimo di Trump, è il suo possibile successore – conclude Mondini –. Mentre tutti guardano a Elon Musk e ai suoi proclami estremisti, il vero uomo da tenere d'occhio è lui, che potrebbe condurre l'America a una trasformazione radicale, rendendola non solo più aggressiva ma anche più isolata sullo scacchiere globale".