SOCIETÀ

Le svolte e i principi della termodinamica tra formule e Nobel

Nel 1824 a Parigi Nicolas-Léonard-Sadi Carnot (1796-1832), brillante ingegnere militare francese, riservato e fragile, pubblicò a sue spese un libello dal titolo Réflexions sur la puissance motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissanc, Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco, una magnifica opera di scienza, esposta lucidamente senza tecnicismi, prodotto di una fertile immaginazione unita a una mente che ragionava basandosi scrupolosamente sulle evidenze. E fu tutta un’altra storia! E fisica! Oggi la scienza della fisica va giustamente di moda e, nella sua storia e fra le sue svolte, un contributo decisivo è venuto dai principi della termodinamica che hanno via via configurato una vera e propria disciplina autonoma, Due volumi recenti e interessanti aiutano a fornire un’ottima griglia critica di quanto accaduto nell’ultimo paio di secoli, fuori e dentro i laboratori di ricerca: il primo di Paul Sen, Il frigorifero di Einstein. Come la differenza tra caldo e freddo spiega l’universo, (Bollati Boringhieri Milano 2021); il secondo di Marco Malvaldi, dS/dt ≥ 0. Il secondo principio, (Il Mulino Bologna 2021). 

All’inizio dell’Ottocento la Gran Bretagna era in pieno miracolo economico, alimentato dall’industria manifatturiera del cotone e realizzato attraverso la rivoluzionaria energia a vapore dell’industria mineraria. La Francia osservava, spiava, invidiava. Con una tiratura di seicento copie, il volumetto di Carnot uscì il 12 giugno 1824 al prezzo di tre franchi (essendone costati 460): mostrava che per generare potenza motrice c’è bisogno di un flusso termico da un corpo caldo a uno freddo e intuiva che le macchine dell’epoca producevano uno spreco increscioso. Poi l’autore nel 1828 si congedò dall’esercito francese, nel 1832 fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, uscì presto ma fu tra le vittime dell’epidemia di colera, morì senza sapere dell’immensa importanza del suo lavoro.

Carnot aveva fondato la termodinamica, nucleo decisivo di buona parte delle nostre conoscenze sul mondo fisico per il tramite di tre fenomenali concetti, energia entropia temperatura. Senza di loro molta parte della scienza, fisica chimica biologia, risulterebbe incoerente, questa è l’opinione di Sen, enfatica ma motivata. La termodinamica spiega perché dobbiamo mangiare e respirare, come si accendono le luci e come finirà l’universo. I relativi principi governano tutto, dal comportamento degli atomi a quello delle cellule viventi, dalle macchine che alimentano il nostro mondo al buco nero al centro della nostra galassia. Einstein se ne occupò fin dal 1905, continuando a dare contributi fondamentali alla materia e ai frigoriferi. Non fu il solo.

Paul Sen, il frigorifero di Einstein e la verità sull'universo

All’esordio scientifico letterario, l’ingegnere giornalista divulgatore inglese Paul Sen parte dagli studi sul vapore per arrivare alle ricerche in corso. La scienza di Carnot era anche una risposta agli sconvolgimenti sociali d’inizio Ottocento, le sue acute personali riflessioni sono in qualche modo pure “prodotte” sia dalla rivoluzione istituzionale francese che dalla rivoluzione industriale inglese. Risulta sempre così: la storia della termodinamica (in questo caso) non racconta solo come gli esseri umani migliorarono la loro conoscenza scientifica, ma anche come quella conoscenza sia plasmata dalla società, che poi ne viene plasmata a sua volta, mescolandosi entrambe in modo non lineare e deterministico. 

Il testo di Sen propone, pertanto, una tesi politica: la storia della scienza è la storia che conta, ovvero gli uomini e le donne che fanno progredire la frontiera del sapere sono più importanti dei generali e dei monarchi. Lo svolgimento è la connessa dimostrazione: vengono narrati spunti biografici, assunti teorici fertili e percorsi intrecciati di eroi ed eroine della scienza attraverso il loro impegno nello scoprire la verità sull’universo, come massima missione creativa (spesso ma non sempre culminata, da quando esiste, con il riconoscimento del Nobel). Dopo Carnot: William Thomson (lord Kelvin), James Prescott Joule, Hermann von Helmholtz, Rudolf Julius Emanuel Clausius, James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann, Albert Einstein, Emmy Noether, Claude Shannon, Alan Turing, Jacob Bekenstein e Stephen Hawking, ovvero alcuni tra gli esseri umani più intelligenti che siano mai vissuti. 

Spesso sia quei geni che altri scienziati lavorarono in stanzette modeste di laboratori modesti con mezzi modesti, eppure scoprirono verità fondamentali. Sotto questo punto di vista, il frigorifero non è meno importante della macchina a vapore e l’autore torna più volte sui relativi studi di Einstein, teorici e pratici. Non mancano alcune illustrazioni e immagini. In appendice il ciclo di Carnot, la specificità di Clausius e i quattro principi della termodinamica. Poi, a completamento del volume, seguono le note, la bibliografia e l’indice delle personalità citate. Come noto c’è un principio zero prima degli altri tre: riportiamoli per esteso nella versione di Sen (la sostanza delle versioni e delle traduzioni è più o meno sempre la stessa), il secondo è quello di cui tratta specificamente l’altro volume.

  • 0: “se due sistemi termodinamici sono entrambi in equilibrio termico con un terzo, allora sono in equilibro tra loro”; 
  • 1: “l’energia dell’universo è costante”; 
  • 2. “l’entropia dell’universo tende ad aumentare”; 
  • 3. “l’entropia di un sistema si avvicina a un valore costante quando la sua temperatura è prossima allo zero assoluto”. 

Marco Malvaldi e il secondo principio della termodinamica

Anche il secondo volume, uscito da poche settimane, si occupa di termodinamica, si tratta di un agile testo della bella collana appositamente dedicata alle “Formule per leggere il mondo”. La formula è scritta nel titolo, in una diversa aggiornata versione la sua “traduzione” dice attraverso una delle sue formulazioni più note: “in un sistema isolato l'entropia è una funzione non decrescente nel tempo”, o aumenta o resta eguale, dal che ne vien fuori che l'entropia dell'universo fisico o di un qualsiasi sistema isolato è destinata ad aumentare nel tempo (come nella versione di Sen). L’autore è il chimico, grande allegro scrittore e notevole multidisciplinare scienziato, Marco Malvaldi (Pisa, 1974), che prosegue la sua opera di comunicazione scientifica, parallela all’attività di autore di noir di forte impronta umoristica. 

Malvaldi ricorda subito che il secondo principio della termodinamica è stato visto da molti come la dimostrazione che tutto è destinato a finire, invece va letto come una sfida per il presente a prevedere il futuro con migliore approssimazione: certo, è difficile fabbricare macchine e strutture efficienti, ma questa difficoltà ci spinge a costruirle in modo intelligente e a migliorarle in continuazione. Il secondo principio della termodinamica è, infatti, una delle poche formule veramente figlia del pensiero collettivo, che ha attraversato quasi due secoli lungo i quali ha rivelato gradualmente la sua natura, differente dal disordine cui viene talora superficialmente assimilata. Entropia? Funzione? Non decrescente? (Attenzione, non si dice “mai” decrescente, significa che è più probabile che si verifichi una variazione positiva di entropia che non il contrario). Sistema isolato (piccolo e da laboratorio)? Beh, si parla di noi, di quel che abbiamo intorno, dei fenomeni fisici e chimici qui e altrove, dei connessi fattori biotici e abiotici di ogni ecosistema. 

Tutto nacque da un problema pratico relativo a due processi, quello legato al calore e quello legato al lavoro. Il calore è un trasferimento di energia che causa una variazione di temperatura, il lavoro è un trasferimento di energia che causa una variazione di posizione. Trasformare il lavoro in calore è facile, invece trasformare il calore in lavoro risulta molto complicato, non basta una sorgente di calore, serve un’apposita macchina e comunque non è possibile trasferire tutta l’energia e convertire completamente calore in lavoro, la qualità dell’energia è destinata a degradarsi (da cui l’entropia). Gli scienziati ci riflettevano da secoli, poi scienziati e imprenditori si applicarono molto all’uopo a fine Settecento, nell’Ottocento e a inizio Novecento ragionando soprattutto prima proprio sulle macchine a vapore, poi su particelle e atomi (e probabilità) e su sistemi più o meno isolati. Così cominciò la termodinamica come scienza, Malvaldi lo ribadisce. Cita più o meno gli stessi autori di Sen e si concentra su pochi (tralasciandone qualcuno e aggiungendone altri, chimici in particolare): James Watt, Carnot, Joule, Clausius, Jean Perrin, Boltzmann, Maxwell, Claude Elwood Shannon, Betty Moore, Josiah Willard Gibbs, Einstein.

L’autore illustra un poco tutti e tre i principi della termodinamica, il primo agli esordi, sulla formula di svolta del secondo, il terzo e i seguiti contemporanei. Sfruttando l’organizzazione e la diversificazione della materia a scale diverse, si può utilizzare per i propri scopi il secondo principio. Che sia un essere vivente o una fabbrica chimica, ogni ente complesso sfrutta al meglio le naturali fluttuazioni dell’ambiente in cui si trova grazie al concetto di gerarchia. Ogni dimensione, ogni ingranaggio dà in funzione di quello che può dare: ma grazie alle sue ridotte dimensioni, gli ingranaggi che stanno alla base della vita sono in grado di sfruttare le fluttuazioni per creare ordine dal disordine. Questo teorema “di fluttuazione” ha a che fare anche con l’organizzazione, strato per strato, del nostro organo più delicato: il cervello. Occorre cambiare minimizzando le sorprese legate ai cambiamenti, esterni e autoprodotti, l’autore su questo conclude. Come caratteristico dell’originale collana, segue in fondo una bibliografia ridotta, nessun indice dei nomi.

Malvaldi molto ha lavorato nella ricerca universitaria chimica ed è divenuto, come noto, un apprezzato efficace vendutissimo giallista dal 2007, con l’inizio della celebrata divertente epopea del BarLume, tornata ripetutamente anche in serie televisive. Nel 2011 iniziò a intervallare le avventure matematiche dei vecchietti di Pineta con altri romanzi di genere e con saggi di natura scientifica. Le divagazioni sono via via divenute prevalenti, per il gusto nostro e di lettori curiosi che cercano intrattenimento e divulgazione: vari altri gialli, spesso storici e non seriali, da una parte, saggi di competente divulgazione scientifica dall’altra, tutti scritti con serie incursioni umoristiche, battute incisi metafore. In questo ultimo testo scientifico vi sono ovviamente molte altre formule, varie definizioni e figure, corredate dal solito stile colloquiale, da continui riferimenti alla propria chimica, da esempi accattivanti, forse con qualche supponenza di troppo a favore delle scienze fisiche e chimiche, talora disinteresse o fastidio per biologia ed ecologia, o per gli ambientalisti ecologisti. 

Non sarebbe male avere sempre tutti presente quanto scrisse il grande scienziato Giorgio Parisi, recente Premio Nobel per la Fisica, sulle necessarie relazioni tra fisica e biologia, tra fisici e biologi, concludendo l’unico suo testo di divulgazione scientifica finora pubblicato, un volumetto intervista del 2006: “il tentativo d’incontro tra fisica e biologia che abbiamo fin qui descritto comporta un cambiamento di ottica sia per il fisico che per il biologo. Per sua formazione il fisico teorico tende più a curarsi dei principi generali (per esempio, cerca di capire come un sistema, che assomiglia solo molto vagamente a un’Escherichia coli, si possa considerare vivente), mentre il biologo rimane attaccato all’esistente (viole capire la vera Escherichia coli, non un sistema ipotetico non realizzato e non realizzabile in natura) … La fisica nasce con una rinuncia a priori a comprendere globalmente il reale e con la proposta di studiare solamente un aspetto della natura”. Dovremo proprio tornarci su!

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