SOCIETÀ

Venezia1600: un viaggio tra le culture di una città millenaria

Un laboratorio unico, irriproducibile. Non solo per guardare indietro, alla storia, al passato, entrare e conoscere il mondo dell’arte, delle arti, ma anche per ragionare sul futuro e scommetterci, con progetti, visioni, ripensamenti che mettono al centro un modello di città che tenga insieme la cultura, lo sviluppo economico-sociale e l’ambiente. Parole chiave di ogni progetto urbano oggi, spesso anche abusate e senz’altro svuotate, ma mai come nel caso di questa città necessarie nel loro significato reale e concreto che passa per adattamento, resilienza, sostenibilità, inclusività, rigenerazione del territorio, lavoro e cultura e partecipazione.

Venezia, la città fragile e al tempo stesso contesa tra visioni urbane difficilmente conciliabili, compie 1.600 anni. Venezia, la città definita - soprattutto da chi ci va occasionalmente e la vive perlopiù come itinerario da mettere tra i trofei dei ricordi di viaggio - museo a cielo aperto. La città del turismo soffocante. La città della biennale, del festival del cinema, del carnevale. La città a forma di pesce. La città di calli, ponti e canali che vive e sopravvive in una laguna unica per costituzione, per  caratteristiche geomorfologiche e per impatto antropico.

Una città talmente unica che qualunque tentativo di descriverla in poche parole risulta riduttivo, addirittura banale. E così a Venezia, per i suoi 1.600 anni, abbiamo deciso di dedicare una lunga serie, qui su Il Bo Live, che attraverserà i prossimi mesi e andrà in tante direzioni, esplorandone le esperienze, passate e contemporanee, artistiche, storiche, urbanistiche, architettoniche, artigianali, letterarie, economiche, scientifiche e, certo, anche di visione futura. Un modo di studiare, raccontare, vivere Venezia, i suoi abitanti, la sua storia ma anche le ricerche, le sperimentazioni, le proposte e le iniziative che girano attorno alla città e alla laguna.

Sarà un viaggio che attraverserà luoghi, esperienze e culture del passato e del presente con delle suggestioni anche per quello che sarà la Venezia del futuro. Perché una città antica di 1.600 anni non può rimanere ancorata solo al suo passato - per quanto glorioso - o navigare a vista nel suo presente, ma deve essere posta anche e soprattutto su un piano di prospettiva per il suo futuro prossimo.

Con le sue calli tortuose dove le persone si accalcano, dove le voci risuonano come nei corridoi di una casa […] la città sembra un immenso appartamento collettivo Henry James, Il carteggio Aspern

Fondata,  tradizione vuole e al netto di errori e confutazioni di studi, come del resto accade per molte date di fondazione, il 25 marzo 421, Venezia ha una storia tutta sua rispetto alle altre città venete e italiane, una storia che ha caratterizzato e movimentato per secoli la costa adriatica, di qua e di là, e ampie zone dell’entroterra. È stata innovatrice, fin dai suoi primissimi tempi, non fosse altro per l’incredibile architettura di pali su cui è costruita e la rete di ponti e canali che le permettono di essere una città unica e compatta anche se, guardandola da sotto, è un arcipelago di tante isole. E forse proprio per questa sua matrice connettiva ha continuato poi a tenere insieme culture diverse, ha amalgamato lingue e tradizioni, colori e arti, cibi e storie.

Oggi tendono a prevalere nel discorso, quando parliamo di Venezia, gli aspetti problematici: il turismo di massa, invasivo, soffocante e la questione delle grandi navi, da molti considerate un peso fuori misura di eccessivo impatto per il fragile equilibrio della città e dal altri come un necessario pegno da pagare alla sopravvivenza economica; lo spopolamento, con la migrazione di gran parte degli abitanti sulla terraferma e lo svuotamento che la trasforma in una città di seconde case o anche solo di alberghi e B&B; lo sprofondamento della città e l’acqua alta, sempre più frequente negli ultimi decenni e la lunga e complessa vicenda della costruzione del Mose per tenerla sotto controllo; i costi, alti e altissimi, per quello che altrove fa parte della vita quotidiana senza diventare insormontabile; la perdita di attività e conoscenze e competenze preziose in favore di un dilagare di proposte commerciali sbiadite, false, tutte uguali a tante altre e che nulla aggiungono né portano alle filiere locali, al territorio, alla popolazione stessa.

Nei mesi scorsi, la pandemia ci ha fatto puntare gli occhi su Venezia mostrandone una faccia che avevamo dimenticato: una città camminabile e non ingolfata da masse di persone traballanti, con le acque della laguna più limpide, le calli sgombre, le rive pulite, con una sua piena e immensa dignità e bellezza non cannibalizzata da un uso e abuso esclusivamente, meramente e solamente commerciale.

Per la strada, ogni cinquanta, cento metri salta fuori un ponte: almeno una ventina di gradini da salire e scendere Tiziano Scarpa, Venezia è un pesce

Qui sta la scommessa di Venezia, forse. Quella di individuare, nel disastro post pandemico, una chiave originale di ripresa che le restituisca un futuro possibile e vivibile per i suoi abitanti e anche per chi la ama da fuori e non ne sopporta la transizione verso il modello parco dei divertimenti. Quella di definire e offrire un modo di vivere meno forsennato, in un ambiente meno tossico e proprio per questo ancora più compatibile, se i servizi lo consentono, con le forme di lavoro agile che abbiamo scoperto e sperimentato e che presumibilmente, almeno in parte, manterremo anche negli anni a venire.

Venezia può essere un laboratorio di vita a basso impatto, può proporre una fruizione dell’arte che diventa parte integrante del vivere e non solo una tappa di un tour. Può essere un luogo dove arte e cultura sono l’asse portante della vita quotidiana, dello sviluppo economico diffuso, del lavoro innovativo e non un privilegio accessibile solo a chi fa parte di una bolla esclusiva.

Perché se Venezia sceglie di rimanere la ‘celebrazione dell’immobilità’, come l’ha definita lo scrittore Diogo Mainardi, brasiliano di origine e veneziano di adozione - che per inciso questa immobilità apprezza - rischia di non riuscire a definire un suo presente vivibile e tanto meno un futuro.

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