CULTURA

Tutti i mondi possibili: è la lettura, bellezza!

“Sono nata da genitori somali a Roma. Mi definisco spesso afroitaliana, a volte afroeuropea, per semplificare somala/italiana o italosomala. Amo le mie due identità, l’odore del cardamomo e la pastasciutta trovano una sintesi perfetta nelle mie narici, ma ecco, devo dirla questa mia verità: ogni tanto penso che della chiappa africana avrei fatto a meno”. Chiara e a tratti irriverente, si racconta in questo modo su Internazionale Igiaba Scego, in un articolo in cui parla di cellulite. Proprio così. Non si pensi a un testo da rivista patinata, perché dietro a un tema apparentemente banale la giovane scrittrice rivela fatiche, fragilità e preoccupazioni che da più di un secolo accompagnano le donne sulla strada verso l’emancipazione. Nello stesso modo, diretto, spontaneo, talora quasi disarmante, Igiaba interviene all’incontro Una città che legge, nell’ambito del ciclo BoCulture, per conversare di libri e letteratura con Emanuele Zinato, docente di Letteratura italiana contemporanea all’università di Padova.     

Giornalista e scrittrice, ultimo libro in ordine di tempo Adua (Giunti 2015), si dedica anche alla ricerca e si occupa di transculturalità, migrazione e dialogo tra culture. “La letteratura non ci rende persone migliori – esordisce, ferma, facendo capolino dallo schermo durante il collegamento Skype – ma persone consapevoli che sanno orientarsi nel mondo. E può anche salvare una vita, come nel mio caso. Leggendo un libro puoi trovare amici, vivere passioni, amori. Puoi diventare un uomo del Medioevo o una spia, puoi essere chi vuoi”. In Italia, dove è nata, tutti le chiedevano della sua Africa, ma lei di Africa sapeva ben poco. Ce l’aveva nel sangue che le scorreva nelle vene, ma non le apparteneva. Per lei l’Africa era la sua Somalia e niente più. Aveva studiato sui banchi delle scuole italiane, aveva letto Dante, Boccaccio. “La letteratura, a volte anche lontana culturalmente e temporalmente, mi ha permesso di compiere un lungo viaggio per conoscere la mia Africa. Ho potuto accumulare storie e questo mi ha permesso di comprendere me stessa e da dove vengo”. In questo senso, per Igiaba, la letteratura è vita. E ammette di leggere un po’ di tutto anche il trash, perché pure nei libri più brutti trova qualcosa di affascinante e in tutto c’è una costruzione di senso.

Del valore e dell’importanza della lettura e della letteratura parla anche Emanuele Zinato, non senza dare spazio ad alcuni luoghi comuni oggi radicati. La letteratura viene accusata ad esempio di essere una “forma vecchia e lenta di intrattenimento estetico” rispetto a nuove forme mediatiche, più veloci e istantanee. Le mediazioni, da parte di critici e docenti visti come una “casta di inutili tromboni”, sono ritenute superflue perché la lettura dovrebbe essere un atto privato. E, per di più, viene considerata “inservibile” sul mercato. In realtà, ribatte con forza Zinato, la letteratura non “serve” ma “è”. È educazione alle emozioni, è rappresentazione dell’altro da sé, è esperienza di una pluralità di significati possibili. 

“Ognuno di noi è abitato da due logiche – argomenta il docente – una è la logica forte che sa riconoscere l’individualità delle cose e rispetta il principio di non contraddizione, è la logica della scienza, della tecnologia. L’altra è una logica non riconosciuta, chiamata con nomi spesso privativi come ‘irrazionalità’, ‘inconscio’, che persiste nei nostri sogni, nei nostri moti di spirito. Sembrerebbe destinata a essere superata e surclassata dall’altra logica e invece è anch’essa socialmente fertile e necessaria. E’ la logica delle emozioni le cui ambivalenze permeano le nostre esistenze, il nostro linguaggio e presiedono a scelte decisive, benché viscerali e non riconosciute”. 

La letteratura ha sempre parlato di emozioni e le ha suscitate. Per lungo tempo sono state oggetto di censura e condanna, perché la loro forza era identificata come “scoria irrazionale da cui difendersi”: nelle emozioni veniva visto un tratto eversivo e minaccioso  di volta in volta, a seconda dei modelli predominanti, del femminile, dell’orientale, del subalterno. Corrisponderebbero a uno stato di immaturità e passionalità primitiva che tuttavia esprime la parte più ignota e segreta della nostra vita. “La letteratura – sottolinea Zinato – è un modo di elaborare con modalità specifiche queste parti del nostro vissuto, è un modo per renderle vivibili, meditabili in una forma che è appunto mediata. Ci permette, così, di capire quali siano i nostri limiti e dunque di conoscere noi stessi”.

Leggere è un atto dialogico che nasce dalla relazione tra lettore e testo, ma non solo. Il confronto può avvenire anche all’interno di una comunità di lettori, dando luogo a una pluralità di interpretazioni e significati. Il romanzo, il saggio, la poesia sono “altri mondi possibili” in cui siamo obbligati a dislocarci e che sollecitano la relazione e l’identificazione con personaggi “altri” da noi. Chi si occupa di letteratura, osserva Annalisa Oboe docente di letteratura inglese all’università di Padova, lavora con il linguaggio, “lotta” con le parole che esprimono un coinvolgimento con le cose. “Per questo c’è bisogno di lettura e letteratura, perché leggendo e scrivendo veniamo in contatto con realtà talora lontane e inimmaginabili. E così siamo esposti al mondo”.  

Monica Panetto

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