SCIENZA E RICERCA

Come la violenza di genere nasce e si rinforza nella nostra società

È sempre rassicurante, di fronte all’ennesimo femminicidio, circoscrivere le cause alla “follia”, alla patologia, a qualche caratteristica individuale che devia dalla norma. Fare questo protegge la convinzione di vivere in una società sicura, all’interno della quale poche persone, con caratteristiche e storie individuali completamente diverse dal resto della popolazione, rappresentano un’eccezione. Per risolvere il problema sarà dunque sufficiente “correggere” questi individui, o insegnare alle donne a riconoscerli e a proteggersi. Ma è davvero così?

In linea con la teoria femminista della violenza contro le donne, è molto più complesso realizzare ed accettare che le nostre società, dato il modo in cui sono strutturate ed organizzate, possano avere un ruolo centrale negli episodi di violenza contro le donne: diventa dunque cruciale riconoscere che, vivendo in questo tipo di società, ogni persona è non solo esposta ai rischi che tale struttura comporta, ma anche parte del problema complessivo (e della sua soluzione). Questo spiega in parte come mai, all’interno nel dibattito sulla violenza contro le donne, raramente ci si concentri su fattori “lontani” dall’individuo - come le caratteristiche dei contesti nazionali in cui la violenza prende forma.

Un aspetto che secondo la letteratura ha un ruolo centrale nell’influenzare la violenza sulle donne ha a che fare con le diseguaglianze di genere a livello nazionale, definite come “il grado in cui gli uomini hanno uno status più elevato delle donne in ambito sociale, economico e politico” (United Nations Development Programme, 2015). Numerosi studi hanno analizzato la relazione tra queste differenze di status e i tassi di violenza contro le donne, mostrando come nei Paesi con maggiori disparità di genere la prevalenza di episodi di violenza sia più alta. Le prime evidenze a sostegno di questo legame risalgono agli anni Ottanta e mostrano come all’aumentare delle diseguaglianze (valutate attraverso diversi indicatori che misurano la differenza di status tra uomini e donne in ambito economico, educativo, politico e legale) crescano anche i tassi di violenza domestica e di stupro. Tuttavia, uno dei primi studi a valutare empiricamente la teoria femminista della violenza contro le donne in una prospettiva cross-nazionale è stato svolto da Yodanis nel 2004, e ha mostrato come al crescere della differenza di status tra uomini e donne (calcolato integrando dati sullo status occupazionale, il livello educativo e la partecipazione politica delle donne rispetto agli uomini in una particolare nazione), aumentano anche il tasso di violenza sessuale e il livello di paura sperimentato dalle donne nei confronti degli uomini. In altre parole, maggiore è l’uguaglianza educativa, lavorativa e di potere tra donne e uomini, minore è la probabilità che gli uomini mettano in atto violenza sessuale sulle donne, e che queste ultime sperimentino alti livelli di paura di essere vittime di violenza da parte degli uomini. Questo è confermato da studi più recenti, che hanno utilizzato diversi indicatori di diseguaglianze di genere e analizzato diverse forme di violenza. 

Cosa ci dice dunque la ricerca rispetto a questa relazione? Come può essere spiegata? Per poter fornire una risposta completa è opportuno adottare un  approccio multidimensionale, che permetta di valutare il ruolo delle diverse componenti delle diseguaglianze di genere, tenendo presente sia la loro componente strutturale (ovvero, le opportunità di accesso a determinate risorse e ruoli da parte delle donne) che quella ideologica (il sistema di norme, stereotipi, valori e credenze che si sviluppano attorno al ruolo delle donne nella società).

A livello lavorativo, le donne che vivono in un Paese con alta diseguaglianza di genere sono strutturalmente più penalizzate da processi di selezione che favoriscono le persone considerate per stereotipo più competenti (ovvero gli uomini), venendo dunque più frequentemente relegate a un ruolo di dipendenza economica; questo può aumentare la vulnerabilità agli abusi e alle violenze da parte dei partner o familiari, a causa delle minori risorse economiche disponibili per poter eventualmente sfuggire a situazioni di violenza. In maniera simile, quando le donne hanno minore potere nella sfera politica in quanto sottorappresentate nei diversi ruoli decisionali, è meno probabile che vengano proposte o attuate leggi mirate a tutelarle dalla violenza di genere

Nonostante le numerose evidenze che collegano le disuguaglianze di genere a livello nazionale alla violenza contro le donne, in alcuni studi questa relazione risulta debole o non viene rilevata. Questi risultati contrastanti possono essere in parte spiegati da scelte metodologiche, come ad esempio la forma di violenza indagata dallo studio, o l’indicatore di diseguaglianze di genere utilizzato. Allo stesso tempo, tali evidenze ci ricordano anche la complessità del fenomeno studiato, la molteplicità di fattori che lo influenzano e l’importanza di analizzare come il contesto socioeconomico nazionale interagisce con caratteristiche individuali e contesti prossimali con cui la persona ha un contatto diretto - come la famiglia, gli amici, il contesto scolastico, l’ambiente lavorativo, e così via. 

E’ importante inoltre parlare di come questa relazione si stia evolvendo nel tempo. Per quanto a livello mondiale le disuguaglianze di genere stiano complessivamente diminuendo, esistono grandi differenze tra paesi, o all’interno dei paesi stessi. Ad esempio, un recente studio che ha coinvolto 25 paesi in via di sviluppo mostra come il ritmo con cui avvengono tali cambiamenti potrebbe essere un elemento centrale, mettendo in evidenza che solo nei Paesi in cui il percorso verso l’uguaglianza è più rapido si assiste a una diminuzione dei tassi di violenza contro le donne. Secondo gli autori, è possibile che una rapida riduzione delle diseguaglianze di genere a livello nazionale sia più efficace nel creare la massa critica in cui le norme possono essere diffuse nei diversi contesti sociali, aumentando la pressione sociale ad aderirvi.

La violenza sulle donne non avviene in un vuoto, ma è il risultato di un complesso intreccio di caratteristiche dei contesti di vita in cui viviamo. Famiglia, amicizie, scuola, ambiente lavorativo, e media possono influenzare la probabilità che si verifichi una violenza, e possono farlo attraverso norme e pratiche condivise. In un Paese in cui le donne hanno meno opportunità degli uomini di accedere a determinate risorse e ruoli (non per niente l’8 marzo nasce come una rivoluzione femminile operaia) ognuno di questi contesti prossimali tenderà a rispecchiare questa disparità, rafforzandola. Tale squilibrio di opportunità crea una società in cui la minore presenza delle donne nel mondo del lavoro o nella sfera politica diventa la norma, favorendo e rafforzando credenze e stereotipi che giustificano questa disparità con presunte differenze di conoscenze e competenze (aspetto che verrà approfondito nel prossimo articolo di questa rubrica).

Ogni gesto di violenza contro le donne è “non folle o malato, ma figlio sano del patriarcato”. Solo agendo sulle radici profonde delle diseguaglianze di genere, attraverso interventi multilivello nei vari contesti di vita, sarà possibile contrastare efficacemente e a lungo termine la violenza contro le donne.

 

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