Immersi nei problemi politici quotidiani dovuti alle continue discussioni su pensioni, reddito di cittadinanza e manovra, l’Italia sembra essersi persa in una crisi che ormai è di fatto divenuta strutturale.
Stiamo parlando della bassa natalità presente nel nostro Paese. Tra il 2016 e il 2017 infatti i bambini nati sono diminuiti di oltre 15 mila unità, natalità che, negli ultimi 9 anni, è diminuita di 120 mila bambini. Un calo drastico che, unito agli altri dati presentati dall’Istat nel suo rapporto "Natalità e fecondità della popolazione residente", delinea una situazione che non ha eguali in Europa.
Il nostro infatti è l’unico Paese in Europa ad avere più ottantenni che nuovi nati. Sempre più vecchi e sempre meno bambini quindi, con conseguenze facilmente immaginabili nel lungo periodo.
Analizzando i dati europei si denota che il calo delle nascite è un fattore comune agli Stati più grandi (quelli con più di 400mila nati all’anno). Tendenza che si inverte solamente in Germania, che dal 2009 in poi è sempre stata in continuo aumento, passando dai 665mila bambini nati nel 2009 ai 792mila dello scorso anno.
Tornando all’Italia, la diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni (circa 900 mila donne in meno) osservata dall’Istat tra il 2008 e il 2017 spiega quasi i tre quarti della differenza di nascite che si è verificata nello stesso periodo. La restante quota, spiega l’istituto di statistica, dipende dai livelli di fecondità, sempre più bassi.
“ L'Italia è l’unico Paese in Europa ad avere più ottantenni che nuovi nati
Il livello di fecondità infatti segue l’andamento della curva della natalità (con quest’ultima che è la sua naturale conseguenza). La diminuzione della fecondità nelle donne italiane è in calo dal 2010. Il numero medio di figli per donna nel 2017 è sceso a 1,32 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,24 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,98 (2,43 nel 2010).
Il calo di natalità comporta conseguentemente uno spiccato aumento della quota di donne senza figli. L’Istat ha osservato che nella generazione del 1950 è stata dell’11,1%, nella generazione del 1960 del 13% e in quella del 1977 si stima che raggiungerà (a fine del ciclo di vita riproduttiva) il 22,0%.