SOCIETÀ
Costruire i percorsi dell'immaginazione con (o nonostante) gli smartphone
Una preoccupazione comune tra i genitori, gli insegnanti e gli studiosi di pedagogia riguarda il ruolo della tecnologia nella crescita e nell'educazione dei bambini. È possibile che il tempo passato davanti agli schermi, durante l'infanzia, possa nuocere in qualche modo al completo sviluppo cognitivo dei più piccoli?
È anche vero, però, che la tecnologia è in grado di fornire degli strumenti nuovi per allenare la propria creatività. Esistono piattaforme che consentono di disegnare, costruire video, o di giocare e imparare. Possibile allora che la tecnologia, più che limitare la capacità di sviluppare un pensiero originale, proponga dei modi alternativi per farlo?
Ne abbiamo discusso con Marnie Campagnaro, docente di Letteratura per l'infanzia al dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (FISPPA), dell'università di Padova, partendo prima di tutto dall'importanza dell'immaginazione nella crescita dei bambini. Perché è necessario incoraggiare la creatività e l'immaginazione nei percorsi educativi e quali sono i principali mezzi per favorire lo sviluppo di queste capacità?
“L'immaginazione non nasce come un patrimonio già consolidato nel bambino, ma va costruita”, spiega Marnie Campagnaro. “Più lui o lei vede, ascolta, legge o ha la possibilità di essere a contatto con storie e esperienze, più la sua potenziale capacità immaginifica crescerà. Non è vero, quindi, che i bambini sono “naturalmente creativi”, come spesso si sente dire.
La neuroscienziata Maryanne Wolf, ad esempio, nel suo libro Proust e il calamaro, riporta i risultati di alcuni studi condotti su bambini in età infantile che nella loro vita avevano ascoltato quantità di parole molto diverse, mettendo in luce una differenza significativa: c'erano infatti bambini che, rispetto ad altri, avevano ascoltato 32 milioni di parole in meno in tre anni.
Chi tra loro aveva avuto un'interazione familiare o sociale contraddistinta da una maggiore ricchezza di parole aveva una capacità immaginifica di guardare il mondo, relazionarvici e concepirne un altro alternativo molto maggiore di coloro che non avevano fatto simili esperienze. La capacità di immaginare, quindi, è frutto di una costruzione anche culturale ed educativa”.
Per quanto riguarda l'utilità di questa risorsa nella vita di ognuno di noi, come puntualizza Marnie Campagnaro: “L'immaginazione è impastata strettamente con la vita razionale dell'uomo. Alimenta infatti l'attività di scrittori, poeti, artisti, ma anche degli scienziati.
Si racconta che durante una conferenza internazionale in cui era stato invitato Albert Einstein, una mamma molto apprensiva gli chiese cosa dovesse leggere il figlio perché diventasse intelligente. “Gli legga fiabe”, rispose Einstein. “E perché diventi molto molto intelligente?” replicò la donna. “Gli legga molte molte fiabe” fu la risposta dello scienziato. La fiaba, infatti, è il luogo delle ipotesi, di tutte le possibili ipotesi.
La disciplina che studia la letteratura dell'infanzia si nutre proprio di due ambiti disciplinari: la fiction e la non fiction. La prima, in particolare, è legata alla dimensione della finzione: contiene fatti verosimili, che possono accadere, ma anche storie inverosimili che non sono mai accadute né mai potrebbero accadere, stimolando la capacità di immaginare e pensare a qualcosa che non c'è.
L'immaginazione infatti sorge dalla domanda: cosa succederebbe se? Cosa accadrebbe se agissimo in un altro modo? Ci è utile, allora, non solo per pensare a un futuro che non c'è, ma anche a un passato in cui non abbiamo abitato”.
Che fondamento ha, allora, la paura che in questa società permeata dalla tecnologia possa essere limitata la capacità, specialmente dei più giovani, di inventare e di immaginare? L'idea alla base di questa preoccupazione è che se un bambino passa la maggior parte del suo tempo libero davanti a uno schermo, che lo intrattiene e lo distrae, non userà quel tempo per leggere libri, esplorare il mondo o anche semplicemente per stare da solo con sé stesso a far vagare la mente, perdendosi nella sua immaginazione.
“Si tratta di una questione molto difficile e complessa”, risponde Marnie Campagnaro. “Innanzitutto, non dobbiamo dimenticare che la tecnologia è un mezzo, e che un bambino utilizza questo mezzo anche in base alle regole che sono date nella sua famiglia, che devono essere uguali per tutti. Non si tratta quindi solo di educare i bambini e le bambine, ma anche i genitori. Nella dimensione educativa, infatti, una delle prime forme di apprendimento riguarda proprio l'imitazione. Se i genitori fanno un uso bulimico della tecnologia, è chiaro che i figli replicheranno il modello.
Molto dipende quindi dalla capacità e dalle possibilità che hanno le famiglie e la scuola di coltivare un senso critico nei bambini. Questo significa che un genitore o un insegnante dev'essere preparato. Anziché limitare semplicemente il tempo trascorso davanti agli schermi – che è comunque importante, perché l'esperienza sensoriale e materica con il mondo è imprescindibile – è necessario capire di che tipo di tecnologia stiamo parlando. Non è vero che tutte le tecnologie siano da evitare, perché ci sono anche delle esperienze tecnologiche davvero straordinarie, come ad esempio il videogioco Machinarium, meravigliosamente costruito dal punto di vista della dimensione estetica, nella cura dei suoni e dell'immagine.
La fiera di Bologna ha introdotto persino il premio per la migliore app per bambini, per assegnare il quale una giuria di esperti valuta le app e spiega perché andrebbero condivise con i bambini. Sulle stesse premesse si basa poi il blog Mamamò che ha lo scopo di alfabetizzare digitalmente i genitori e gli insegnanti, proponendo app che possano stimolare la crescita anche cognitiva del bambino”.
“Insomma, la tecnologia in sé non è un problema, ma richiede lo sforzo di conoscerla e di capire quali sono le sue potenzialità e i suoi limiti, per poi affiancarla ad altri mezzi e strumenti la cui efficacia possa essere rafforzata dalla tecnologia stessa”, continua Marnie Campagnaro.
“Quando a scuola si affronta un argomento nuovo, come ad esempio la storia della nascita dell'universo, si inizia raccontando a parole l'accaduto e utilizzando poi supporti visivi e materiali, ad esempio come i libri pop-up, che spesso sono grandi esempi di ingegneria cartacea. A quel punto, una volta che la storia è stata ascoltata e visualizzata sul libro, accendere il monitor e mostrare anche un piccolo video rappresenta un'opportunità in più”.
Offrire una varietà di opportunità alternative è infatti fondamentale per incoraggiare lo sviluppo di un pensiero originale nei bambini e delle bambine, e se la tecnologia può fornire una o più di queste alternative, non ha senso scartarla a priori.
“Entrando nella scuola dell'infanzia, cosa c'è appeso sui muri delle classi? I disegni dei bambini”, ci fa notare Marnie Campagnaro. “Ebbene, quando guardando le loro opere ci accorgiamo che gli alberi, le case, il sole, sono disegnati uguali da tutti, allora viene spontaneo chiedersi come mai bambini che provengono da famiglie diverse e che hanno avuto esperienze diverse, disegnino le cose tutte nello stesso modo. In quei casi è indubbio che ci sia una carenza didattica.
Ci sono invece degli insegnanti che fanno dei lavori straordinari: per esempio raccontano la propria vita a casa attraverso i paesaggi sonori. Registrano cioè i rumori della propria casa e chiedono ai bambini di illustrare e raccontare ciò che immaginano ascoltando la registrazione. Allora sì che la tecnologia è un mezzo per lo sviluppo immaginativo, ma perché è utilizzata per un preciso scopo educativo”.
Lo sviluppo del pensiero critico di un bambino e della capacità di discernere non riguarda poi solo il rapporto con la tecnologia. Come aiutare un bambino a sviluppare un pensiero critico?
“Sottoponendolo a una dieta ricca e variegata da tutti i punti di vista: esperienza cognitiva, sensoriale, tattile, relazionale, culturale”, risponde Marnie Campagnaro. “Dandogli cioè la possibilità di costruire un incontro con linguaggi molto diversi. Loris Malaguzzi, della scuola Reggio Children, ad esempio, parla dei Cento linguaggi dei bambini che, se sperimentati tutti, permettono la nascita del pensiero critico.
Nel mondo della narrazione, infatti, spesso il rapporto con il libro e con le storie è comparato a quello della dieta alimentare, quando si parla della cosiddetta fame di storie.
Quanti bambini hanno una dieta davvero diversificata e quanti invece crescono mangiando sempre gli stessi piatti? Lo stesso vale per le esperienze. Far assaggiare cose nuove è uno sforzo educativo molto importante che la famiglia e gli insegnanti non sempre sono disposti a fare. Spesso è facile scegliere la soluzione che non apre a conflitti, ma il ruolo dell'educatore è legato anche alla necessità di lavorare sulla gestione del conflitto”.
“Ci sono stati due grandi fantastici coltivatori dell'immaginazione di bambine e bambini. Uno è Gianni Rodari, del quale quest'anno ricorrono i 100 anni dalla nascita, e l'altro è Bruno Munari. Mentre il primo ha lavorato sullo sviluppo dell'immaginazione a partire dalle parole, l'altro lo ha fatto attraverso le immagini, usando la dimensione visiva.
In una lezione di visual studies negli Stati Uniti, Munari aveva chiesto ai partecipanti di provare a costruire l'andamento di un fiume che sorge da una montagna e arriva alla foce senza disegnarlo né copiarlo da una cartina geografica.
Dopo i vari tentativi messi in atto dai presenti, Munari propose che la soluzione era quella di prendere un foglio di carta bianca, appallottolarlo e poi stenderlo di nuovo. A quel punto, versandoci sopra un liquido composto da acqua e china, ecco apparire il percorso del fiume.
Tutto ciò ci mostra che l'immaginazione si sviluppa quando si è in grado di rompere le catene verbali o visive che fanno parte della quotidianità, e che per nutrirla i bambini e le bambine hanno bisogno di sfide cognitive.
Oltre a conoscere la tecnologia e saperne distinguere le tipologie, quindi, è anche importante conciliarla con delle sfide intellettuali che richiedano di innescare la curiosità e l'immaginazione, elementi basilari dell'apprendimento e dello sviluppo della conoscenza”, conclude Marnie Campagnaro.