Immagine tratta dal libro "Enciclopedia dei miei amici immaginari" di Bimba Landmann (Camelozampa)
"Vi siete mai chiesti se al mondo sia mai esistito un amico immaginario uguale a un altro? [...] Ogni amico immaginario è un essere unico e irripetibile". Un libro e un museo virtuale, ideati dall'artista Bimba Landmann, esplorano un universo popolato da creature che accompagnano bambine e bambini negli anni della crescita. E se le pagine illustrate nutrono la fantasia dei lettori, il museo si offre come paese delle meraviglie, in continua evoluzione, con tanto di mappa per orientarsi tra le sale, a partire dalla biglietteria (ovviamente con ingresso gratuito), attraversando la galleria permanente, la sala per esposizioni temporanee, il giardino semprefiorito, il teatro delle nuvole e persino il ristorante, per una meritata pausa a fine visita.
La galleria delle opere è una parete virtuale animata, sempre pronta a ospitare nuovi disegni inviati da bambine e bambini di tutto il mondo. Ecco Popo, l'amica immaginaria di Emma, cinque anni, "che aiuta a contare", Supercocciconiglio e gattosuperstella di Isabel, "un coniglio fortunato e un gatto sognatore, spaziale". E poi, Codalunga, presentato da Riccardo, un tipo pigro a cui però piacciono le feste, "grande tre metri, indossa sempre un cappello, e visto che è così alto gioca pure a basket". Mentre la Farfalla lucente di Lara, che ha sei anni, "può ghiacciare tutto quello che vuole e mi aiuta sempre quando finisco nei guai, insieme li risolviamo sempre!".
Il Gatto Codafiore di Vittoria - che invia il suo disegno dalla Germania -, "ama i croccantini a forma di fiore. Sa correre molto velocemente. È gentile, affettuoso e sempre pronto ad aiutare. Quando si arrabbia, però, spruzza pollini dappertutto". Ancora, Punzecchione, l'amico immaginario di Giacomo, "ha il potere di trovare le cose". E poi ci sono Nasone Scleratore di Luca, che "mi urla dietro e mi riempie di quiz e domande! ed è simpaticissimo! E i suoi quiz li racconto ai miei amici! Ed è biteste", il Canrennarco di Lisa, "un po’ cane, un po’ renna e un po’ arcobaleno: gli piace saltare e colorare tutto ciò che incontra… Anche diari, quaderni e libri di storia!". E BiscoZ, rigorosamente con la Z maiuscola, amico immaginario di Nicolò, sette anni, che "può sparare cioccolato! Le sue gambe sono di zucchero e i suoi capelli di caramello".
Montaggio: Elisa Speronello
Le forme e le caratteristiche sono infinite, questo è evidente. Ogni amico immaginario ha una propria personalità, qualcuno dimostra di avere un particolare talento, un altro corre sempre in aiuto del suo amico bambino, e c'è anche chi fa qualche dispetto. Stimolati da questo progetto di museo virtuale, che fa luce su un tema affascinante ma poco esplorato, abbiamo rivolto alcune domande a Eloisa Valenza, docente di Psicologia dello sviluppo presso il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'università di Padova, tra gli autori di Geografie d'infanzia, quarto libro della collana de I libri del Il Bo Live (Padova university press). "Solitamente l'amico immaginario compare dopi i due o tre anni di vita e svanisce dopo i sette, otto", spiega Valenza. Questo, quindi, ci porta a pensare che molti di questi amici disegnati dai bambini (alcuni di loro hanno superato i dieci anni di età), e inviati al museo virtuale, siano rimasti dentro il loro cuore come felice ricordo o si stiano preparando a lasciarli andare, per aprire la strada a nuove esperienze di crescita.
"Si tratta di un fenomeno complesso con una lunga storia evolutiva: è l'esito di processi cognitivi, che si sintetizzano nel termine immaginario, e di processi sociali che si sintetizzano nel termine amico. Questi amici immaginari sono, dunque, il risultato di processi socio-cognitivi. Fin dalla nascita il bambino è in grado di acquisire conoscenza dall'ambiente che lo circonda, grazie a dei processi di base che consentono di selezionare le informazioni, elaborarle e codificarle in memoria, facendo entrare ciò che è fuori nel nostro sistema cognitivo. In questa fase di intelligenza "agita", dando a un bambino due pezzi di legno ne ricaverebbe un gioco esplorativo, senso-motorio. A due anni il bambino fa un salto evolutivo: le sue conoscenze, che inizialmente sono implicite ovvero non consapevoli, non diventano solo informazioni nelle mente ma per la mente. Si assiste a un processo inverso rispetto a quanto descritto fino ad ora: le informazioni disponibili per la mente seguono un percorso contrario, ciò che è dentro il sistema cognitivo viene buttato fuori, il pensiero diventa consapevole, attribuendo un significato alla realtà (diverso da quello che ha normalmente). In questa fase il pensiero diventa magico, creativo, flessibile, immaginato. Tutti i processi che ne permettono l'evoluzione sono benvenuti, inclusi gli amici immaginari".
In questi processi di conoscenze, gli altri assumono un ruolo fondamentale. "Fin dalla nascita il bambino è estremamente affascinato dagli altri, dal volto, dalla voce, dai suoni linguistici, dalle azioni dell'altro. Questo interesse per l'altro cresce con l'età e porta alla costruzione di una immagine rappresentata di cosa sono gli altri e contemporaneamente di cosa sono io stesso: processi complementari che permettono al bambino di risolvere la più grande sfida dello sviluppo, ovvero quella di entrare in relazione con gli altri. In questa fase i rapporti verticali con gli adulti non sono molto utili: utilizzando la metafora del ballo, quando un bambino balla con il proprio padre si pone sopra i piedi di quest'ultimo e si lascia guidare, fa tutto l'adulto. Nei rapporti verticali la costruzione di sé e la percezione dell'altro è compensata dall'esperienza dell'adulto, che colma le incapacità del bambino. Invece, se due bambini ballano in coppia nessuno dei due può poggiare sui piedi dell'altro; devono scoprire tutta una serie di comportamenti ed emozioni necessarie per entrare in relazione reciproca. Queste sono relazioni paritarie e ognuno mette sul tavolo ciò che sa e non sa fare: sono una importantissima palestra, perché è con gli altri coetanei che il bambino impara i comportamenti sociali, a cooperare, a negoziare, a gestire i conflitti e accordi. Gli amici hanno questo ruolo, consentono al bambino di sperimentare le abilità per entrare in relazione con l'altro. E l'amico immaginario è una delle possibili soluzioni che il bambino sperimenta grazie al suo pensiero simbolico per costruire un sé e costruire gli altri, in una condizione facilitata dal fatto che questo amico ha delle caratteristiche abbastanza compatibili con quelle che io mi aspetto dai miei amici in quella fascia di età".
L'amico immaginario non è solo un gioco di fantasia, quale dunque la sua funzione? "Il fenomeno dell'amico immaginario è più frequente di quel che si possa pensare. Dal punto di vista puramente cognitivo, la sua funzione è quella di consentire di sperimentare prospettive diverse dalla propria, strategie cognitive che tengano in considerazione anche l'altro, ha un compito di problem solving. Dal punto di vista emotivo e sociale, permette di sperimentare soluzioni emotive perché l'amico immaginario non tradisce, non delude, conforta, supporta, diverte: è una strategia alternativa agli amici reali attraverso cui il bambino ha la possibilità di costruire se stesso e una rappresentazione degli altri".
Ma il bambino sa distinguere la realtà dalla fantasia? Per capirci: sa che l'amico è "solo" immaginario? "Da un punto di vista cognitivo: sì. Il bambino è assolutamente consapevole, ma questo non gli impedisce di affezionarsi all'amico, di cercarlo e confrontarsi con lui. Il bambino sa che sta giocando, quando parla per esempio a voce alta, sa che è dentro di sé e lo sta proiettando fuori, condividendolo per esempio con la famiglia: non si tratta di delirio o allucinazione e l'adulto deve assecondare questa cosa, non ridicolizzarla".
L'amico immaginario può anche manifestarsi in modi spaventosi? "Nella costruzione del sé e degli altri il bambino diventa estremamente sensibile rispetto al giudizio altrui, questo emerge con le emozioni autoconsapevoli: per esempio, l'imbarazzo, la vergogna, l'orgoglio, il senso di colpa. Questa sensibilità rispetto al giudizio dell'altro fa scoprire un sé difettoso. Utilizzando un termine che non è della psicologia dello sviluppo, ma della psicologia del profondo: l'amico immaginario è anche la proiezione in un altro delle proprie vulnerabilità e fragilità e, quindi, può assumere aspetti negativi che, in realtà, sono proprio le fragilità del bambino, che non è in grado di gestire attribuendole a se stesso ma che trova più facile gestire attribuendole a un altro sé. Però, per capirci, è un po' come quando l'adulto parla a se stesso: quando è soddisfatto ma anche quando è particolarmente fragile o angosciato, l'adulto lo fa senza il bisogno di visualizzare il dialogo interiore attraverso l'immagine di un altro. L'adulto preferisce magari la metodica del diario e si guarda allo specchio. Il bambino si guarda allo specchio e proietta sull'altro anche le proprie fragilità e incompletezza".
Concludendo, l'amico immaginario è molto frequente e affianca gli amici reali, che sappiamo essere in ogni caso più gratificanti per i bambini: un amico reale può veramente abbracciarti. "Quando però l'amico immaginario sostituisce gli amici reali, rompendo un equilibrio tra mondo interno ed esterno, quando il bambino utilizza solo il mondo interiore e nega, si isola, si allontana dal mondo esterno, come atto di difesa da un ambiente che vive come minaccia e pericolo, allora si entra in un campo psicopatologico e a quel punto si può parlare di allucinazione e non più di proiezione del sé. Questo si osserva in bambini molto più grandi".