Un momento della cerimonia finale di Kids University 2017
Se vi trovaste a Padova la prossima settimana, potrebbe capitarvi di incrociare intere classi con i loro insegnanti dirette a passo spedito nelle aule e nei musei universitari. Saranno infatti circa 3.600 le alunne e gli alunni tra gli 8 e i 13 anni che dal 15 al 19 ottobre parteciperanno ai 178 laboratori tenuti dai docenti dell’Ateneo di Padova. Senza contare le attività per le famiglie, che si protrarranno fino al sabato della stessa settimana. Kids University è giunta ormai alla sua terza edizione ed è uno dei momenti in cui l’università si apre al territorio, ai suoi ragazzi, per parlare di matematica, fisica, economia, storia, medicina, solo per citare alcuni degli argomenti che saranno trattati. E con uno sforzo in più quest’anno, tiene a precisare Annalisa Oboe prorettrice alle relazioni culturali, sociali e di genere dell’università di Padova, che è stato quello di coinvolgere maggiormente le scuole periferiche.
“È importantissimo avvicinare bambine e bambini alla scienza fin da piccoli – sottolinea Barbara Arfè che si occupa di psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento all’università di Padova e partecipa all’iniziativa –. Io credo che la scienza per i bambini sia importante, quando è tradotta per loro e comunicata con passione. La scienza è un processo di soddisfazione della curiosità umana e la curiosità in un bambino è una risorsa da capitalizzare e sulla quale investire, perché è il motore primo dell’apprendimento e delle capacità di soluzione dei problemi in modo creativo”. Il bambino che è esposto nel modo corretto a informazioni e problemi di natura scientifica, se li trova interessanti si appassiona e coltiva un suo percorso. Secondo la docente se non avessimo generazioni di bambini e scienziati curiosi avremmo meno conoscenze probabilmente oggi.
“I ragazzi - continua - possiedono l’entusiasmo per la conoscenza, per l’esplorazione. Non ho mai conosciuto un bambino, anche con problemi di apprendimento, che non avesse voglia di imparare. Per loro natura i bambini sono interessati a tanti oggetti scientifici e di conoscenza che tipicamente non sono pensati ‘immediatamente’ per loro: un caso è la scrittura e lettura. I bambini iniziano a prestare attenzione alle parole scritte e si interessano alla lettura ben prima di essere in grado di leggere, già a due anni. Un altro esempio sono le tecnologie. I nostri ragazzi sono naturalmente interessati a smartphone e computer molto prima di essere maturi a sufficienza per usarli. Fanno sin da piccoli domande su eventi fisici e sulle persone e cose che interessano i loro genitori”.
Annalisa Oboe, prorettrice alle relazioni culturali, sociali e di genere, presenta Kids University e le novità della terza edizione. Riprese e montaggio di Elisa Speronello
Secondo Barbara Arfè fare esperienza presto di tutti questi oggetti e conoscenze è arricchente e risponde a un loro bisogno. Non esistono, secondo la psicologa, argomenti troppo difficili da trattare, è necessario piuttosto tradurli tenendo in considerazione chi è l’interlocutore, qual è il suo sistema cognitivo, qual è il suo sistema di conoscenza e ciò che la persona già conosce. È necessario trasmettere gli argomenti in una forma che sia per loro gratificante e accessibile. E i laboratori di Kids University- come di altre iniziative rivolte anche ai più piccoli quali Veneto Night o Risvegli. La primavera scientifica in Orto – hanno questo scopo. Un effetto “a latere” di questi laboratori è che “imparano” anche gli accademici. “Non c’è nulla che metta alla prova le nostre conoscenze e la nostra intelligenza come doverle spiegare a un bambino. Per farlo dobbiamo noi stessi tornare sulla materia e farci delle domande”. Un esercizio utilissimo che si dovrebbe fare più spesso.
La modalità di apprendimento in un laboratorio, che è largamente usata in iniziative come Kids University, è efficace perché significa imparare esplorando. “Sono modalità di apprendimento che caratterizzano il bambino fin dalle primissime fasi dello sviluppo, perché il bambino apprende in interazione con il mondo, con gli oggetti fisici, esplorando il mondo e risolvendo problemi”.
Oggi più che mai in una società che è estremamente complessa, in cui i cambiamenti sono rapidi grazie alle tecnologie, ci si confronta continuamente con situazioni di problem solving anche da adulti. Insegnare ai bambini in modo da stimolare la capacità di problem solving (e in questo consiste il metodo laboratoriale), è il modo migliore per stimolare l’intelligenza del bambino, di uno studente in generale, degli adulti di domani. “Avvicinarli a contenuti che possono essere apparentemente alti, distanti, o astratti per loro significa dargli modo di analizzare gli oggetti e gli eventi utilizzando una modalità di apprendimento che è propria del bambino, di qualunque individuo. Sarebbe necessario utilizzare la stessa modalità di apprendimento all’interno delle nostre aule accademiche, con i nostri studenti universitari, ma abbiamo dei numeri che non ce lo consentono. Il laboratorio è la chiave privilegiata di accesso alla conoscenza, perché consente al bambino di costruirsi la conoscenza, esplorando concretamente il problema”.