Ormai è un dato di fatto: esce un libro in libreria e contestualmente lo troviamo “ascoltabile” sulle piattaforme tipo Audible, Storytel, Spotify, Google Play Libri eccetera. Gli Italiani, cioè, e non solo loro, hanno preso l’abitudine di fruire dei contenuti letterari e saggistici in un nuovo modo, affatto distante quell’audiolibro che era di fatto un cd acquistabile in libreria, con un costo equiparabile a quello del libro di carta se non di più, e la cui scelta poteva ricadere entro un certo numero, limitato, di titoli pubblicati (se ne trovavano molti di più nei canali di diffusione per non vedenti, ma spesso registrati in modo dilettantesco da volontari di ogni estrazione possibile).
Questo non significa certo che i prodotti di qualità non ci fossero già due o addirittura tre decine di anni fa, ma in quel volano che mette insieme domanda e offerta, ci racconta Paola Ergi della redazione di Goodmood, produttore per realtà come Audible, Storytel e Kobo di contenuti audio – dai podcast, ai radiodrammi passando proprio per gli audiolibri –, l’avvento del lockdown ha “insegnato” al pubblico una nuova modalità di leggere e ha spronato quindi le piattaforme a strutturarsi sempre più garantendo un’offerta pressoché sconfinata.
Il fenomeno è tangibile proprio nella vita quotidiana: provate a chiedere agli amici se ascoltano audiolibri. Scoprirete che sì, lo fanno, forse addirittura di più di quanto non leggano un libro (l’Italia, è risaputo ahimè, non è un Paese di lettori forti). Allo scorso Salone del Libro sono stati comunicati numeri: gli audiolettori sono il 17% della popolazione adulta, in crescita rispetto al 2021, per un totale di oltre 10 milioni di persone. Di questi l’11% ascolta un audiolibro almeno una volta alla settimana, e in generale di loro il 35% è uso leggere libri di carta, ebook e anche ascoltare. Chi ama leggere, in buona sostanza, ama farlo indipendentemente dal mezzo, anche se ci sono lettori che dalla carta non riescono a staccarsi. L'Associazione Italiana Editori nella consueta conferenza di inizio anno alla Scuola Mauri per librai ha fatto sapere che il dato sulle vendite di audiolibri del 2022 è in crescita del 4,2% rispetto al 2021.
La stessa Paola Ergi ci racconta che chi temeva che ebook e audiolibri potessero frammentare un mercato già sofferente si è dovuto ricredere: non c’è una guerra tra produttori di libri e produttori di contenuti audio, tutt’altro. I due mondi si danno man forte. Durante il lockdown la filiera di produzione del prodotto audio ha sempre continuato a lavorare, per esempio, perché, come il libro, così l’audiolibro è stato considerato bene di prima necessità.
Ma quanto è oneroso produrre contenuti di questo tipo?
Paola Ergi di Goodmood a questa domanda ci risponde che lo è moltissimo. Innanzitutto è una professione che, come è ovvio, vede coinvolti professionisti della recitazione, tipicamente attori che si occupano di doppiaggio, che devono registrare in sale di registrazione perfettamente attrezzate. Ma c’è anche un grandissimo lavoro di tipo redazionale. Come si pronunciano, per esempio, tutte le parole straniere (nomi, cognomi, toponimi eccetera) contenute in un romanzo della svedese Camilla Lackberg? È necessario saperlo prima di cominciare a registrare. Per non parlare delle parole complesse contenute per esempio nei trattati scientifici, perché – val la pena ricordarlo – gli audiolibri non sono solo romanzi. Oltre al lavoro preparatorio di tipo redazionale e alla registrazione c’è poi la postproduzione in un rapporto in termini di tempo di uno a due, spiega Ergi. Cioè per un ora di registrato due sono le ore di postproduzione necessarie.
Laddove il prodotto audio poi non è strettamente un audiolibro ma, per esempio, un audiodramma – Goodmood ha iniziato una trentina d’anni fa producendo contenuti per le radio e tuttora li produce insieme ai podcast – ci vuole anche un cospicuo lavoro di sceneggiatura. Goodmood possiede i diritti italiani di Agata Christie e, a partire dai suoi romanzi, sceneggia circa due audiodrammi all’anno che hanno anche un vero e proprio cast: insomma costituiscono una vera e propria produzione. Anche i podcast necessitano di un progetto, sia che si tratti di un format per il pubblico, sia che debbano essere usati per esempio a livello aziendale. “Oggi le persone – spiega Ergi – sono molto più disposte ad ascoltare un audio di mezz’ora che a leggersi quindici pagine di un documento. Perciò le aziende spesso ricorrono a contenuti audio per i dipendenti”.
Stiamo assistendo insomma, almeno in una certa misura, a un cambio di paradigma, che – incredibilmente – va controcorrente, cioè a detrimento delle immagini che, invece, popolano smodatamente quasi tutti i mezzi di comunicazione, dalla televisione, al computer, al cellulare. Una riaffermazione del peso della parola che avviene, per paradosso, sugli stessi mezzi nei quali questa è, in altri contesti, soffocata dall’immagine.
Abbiamo fatto due parole con Alberto Onofrietti, attore, doppiatore e lettore di audiolibri, che secondo l'indagine di Audible Compass 2022 è il lettore più ascoltato del 2022 su Audible, perché ci raccontasse la sua esperienza in questo campo.