SOCIETÀ

Le mirabili migrazioni degli uccelli da sempre allargano i nostri orizzonti

Da qualche anno è emerso in antropologia il concetto di antropopoiesi, il processo di costruzione e definizione dell'identità umana, particolarmente rilevante perché, a differenza degli altri animali, probabilmente varie specie umane e sicuramente anche i sapiens alla nascita sono e siamo individui incompleti e non autonomi. Non possedendo l'informazione genetica che determina le risposte agli stimoli provenienti dall'ecosistema in cui vive, la dimensione umana si sviluppa soltanto con l'acquisizione della componente culturale, un’interrelazione che prosegue tutta la vita. Attraverso il prolungato accudimento di genitori e adulti, la progressiva modificazione e crescita del corpo, le abitudini e i rituali (per esempio le cerimonie o i compleanni), la conservazione di caratteri giovanili per tutta la vita (neotenia), ogni individuo fabbrica sé stesso (per definizione imperfetto e comunitario), come essere umano emotivo, intellettuale, etico ed estetico, e definisce la propria identità sociale rispetto agli altri individui, uomini e donne. 

Nel processo di “umanizzazione” un ruolo rilevante lo svolgono i “contesti” della comunità umana di appartenenza: l’ecosistema, il clima, le altre specie. Gli animali sono stati sempre volano di ispirazione, imitazione, proiezione, un aspetto cruciale dell’antropopoiesi (un concetto da meditare criticamente, comunque). Noi siamo entrati nell’areale e nell’habitat di quasi ogni altra specie, in un modo o nell’altro. I movimenti e le migrazioni delle specie umane, in particolare della nostra sapiente specie, hanno “copiato” o seguito quello di altre specie camminatrici, volanti, nuotatrici e, a loro volta, hanno provocato e/o modificato via via sempre più il vivere e il migrare di specie animali (e i movimenti di ogni specie, oltre che dei fattori abiotici). La nostra vicinanza e prossimità filogenetica inizia dagli scimpanzé ma la nostra vicinanza e prossimità ecologica è conversa verso quasi tutte le specie animali e i comportamenti di quasi tutte hanno fatto i conti con umani. Per il migrare, da tempo immemorabile, gli uccelli hanno allargato gli orizzonti.

Ovunque in aria. Che spettacolo! Negli ultimi due decenni si è accresciuta la conoscenza scientifica del fenomeno migratorio aviario (o volatile), delle dinamiche che permettono a un uccello, solo e al suo primo viaggio, di individuare la propria rotta attraverso il globo affrontando venti traversi, tempeste e fatiche immani. Un fattore rilevante è la vista: sembra che gli uccelli riescano a visualizzare il campo magnetico terrestre grazie a una forma di entanglement quantistico (o correlazione quantistica), un fenomeno bizzarro almeno quanto il suo nome. Oggi gli scienziati credono che le lunghezze d’onda blu della luce che colpisce l’occhio di un uccello migratore eccitino degli elettroni correlati (entangled) in un composto chimico detto criptocromo. Microsecondo dopo microsecondo una gamma di segnali chimici differenti si diffonderebbe attraverso innumerevoli coppie di elettroni correlati, dando apparentemente origine nell’occhio di un uccello alla mappa dei campi geomagnetici che sta attraversando.

È già capitato di riferire e riflettere circa le ricche esperienze migratorie degli animali e degli uccelli, sia come fenomeno globale antico e moderno, sia per gli effetti dei contemporanei cambiamenti climatici antropici globali, ingenti sulle specie che volano, talora loro abbastanza capaci e abituati nel cambiare “residenza” in modo più o meno ciclico. Emerge sempre, in un comportamento migratorio comunque molto flessibile, l’esistenza di una connettività migratoria inter o infra-speciale e la tendenza degli uccelli, in particolare nei gruppi della stessa specie che migrano tra Europa e Africa a corto e a lungo raggio, di continuare a rimanere insieme nei loro quartieri tanto di svernamento quanto di riproduzione, quindi con eventuali maggiori rischi di estinzione.

Alcune migrazioni di animali avvengono solo una o due volte l’anno (come per gli uccelli stagionali), altre ogni giorno; alcuni hanno evoluto capacità di viaggiare per migliaia di chilometri, altri no (lo zooplancton migra in verticale); alcuni compiono molte migrazioni nella loro individuale esistenza, altri si limitano solo a un viaggio di andata o a parte di esso, multigenerazionale (come le farfalle monarca). Certo, gli uccelli hanno la peculiare caratteristica di volare nell’atmosfera terrestre emettendo suoni melodiosi e sbalordiscono chi ha prevalentemente per terra gli astiosi piedi, un volume ha fatto recentemente il punto sulle loro migrazioni: Scott Weidensaul, In volo sul mondo. Le straordinarie imprese degli uccelli migratori, traduzione di Luca Cortese, Raffaello Cortina Milano, 2022 (originale 2021, A world on the Wing. The Global Odyssey of Migratory Birds), pag. 458 euro 26.

I ricercatori hanno a più riprese rilevato che prima dei lunghi voli gli uccelli migratori aumentano la propria massa muscolare senza bisogno di un effettivo esercizio: il fattore scatenante deve essere biochimico. Successivamente volano ininterrottamente per più giorni senza subire gli effetti della deprivazione del sonno: di notte “spengono” un emisfero cerebrale e l’occhio corrispondente per un secondo o due alla volta; di giorno effettuano migliaia di “microsonni” di pochi secondi. Vedete voi! Oltre alla biologia, finora la scienza aveva, tuttavia, sottostimato la complessità e la connettività dell’ecologia migratoria: non è possibile compartimentare le vite di animali selvatici, studiamo insieme migrazioni e tutela ambientale. Salvare le foreste significa anche salvare gli uccelli. La singola specie, le altre specie animali, le specie vegetali, gli ecosistemi (pure con i loro fattori abiotici), l’ecosistema locale e quello globale sono faccende di una biodiversità interrelata e complessa.

Il bravo competente studioso e divulgatore americano Scott Weidensaul (Pennsylvania, 1959) è via via passato da birdwatcher adolescenziale a ornitologo amatoriale, infine a ufficiale ricercatore, arruolato nelle trincee della scienza delle migrazioni. Ciò che soprattutto appare cambiato è il suo coinvolgimento, lo dichiara subito. Un’infantile elettrizzante giornata sull’Hawk Mountain ha cristallizzato la passione per l’osservazione degli uccelli, i rapaci in particolare, presto divenuta sapiente interesse scientifico per le discipline naturalistiche. L’inanellamento da tempo e più recentemente la geolocalizzazione (con nuove tecnologie e miniaturizzazione) sono gli elementi essenziali nella ricerca e nello studio delle migrazioni aviarie. L’autore aggiorna lo stato dell’arte su gran parte della straordinaria miriade di fili della migrazione degli uccelli, sentinelle e importanti indicatori delle condizioni ambientali, da come e perché attraversano il pianeta a quali azioni umane siano indilazionabili affinché possano continuare a farlo.

Il volume è strutturato in dieci capitoli, per argomenti con parecchie figure di aree e percorsi (al centro anche un inserto fotografico), le descrizioni prioritarie non le nozioni enciclopediche, le attitudini biologiche e fisiche non solo i record. L’ordine è questo: Spatole (dei becchi del gambecchio, per esempio); Il volo quantico (Giorgio Parisi purtroppo malamente non citato fra le referenze); Credevamo di sapere; Big data, big problem; Mal di testa; Il calendario in frantumi (a causa dei cambiamenti climatici); Aguiluchos (specie di piccoli rapaci); Oltre la piattaforma (quella continentale delle Outer Banks); Nascondersi da Dio (storie di massacri e riscatti); Eninum (i falchi dell’Amur, in un angolo sperduto dell’India nordorientale). Più volte l’autore mostra e diffonde stupore verso l’assolutamente incomprensibile, pur se la quantità delle informazioni che ancor oggi ci sfuggono sia enorme, impedendoci di capire il presente e di intuire il passato ancor più complesso: “la maggior parte dei rondoni comuni vive cinque o sei anni, ma un esemplare inanellato è sopravvissuto per diciotto anni; ciò significa che nel corso della propria vita ha volato per circa sei milioni e mezzo di chilometri, gran parte dei quali senza mai atterrare”.

Appare impossibile ricostruire una storia e una geografia complete. “Oggi la migrazione degli uccelli è appena l’ombra di ciò che era una volta, ma quest’ombra è ancora così potente da lasciarci a bocca aperta”: ogni giorno miliardi di uccelli, obbedendo ai loro arcaici ritmi, legano tra loro luoghi selvaggi ed ecosistemi sparsi in tutto il mondo e spesso minacciati, in un tutt’uno senza soluzione di continuità attraverso il semplice servizio del volo (da cui il titolo). Tutto il volume sottolinea le continue sbalorditive scoperte sulla “fitta rete di sorprendenti connessioni che si estendono in tutto il mondo e fra gli emisferi, intrecciata dalle ali degli uccelli migratori”. Che possa rimanere così per sempre, spiega e sollecita l’autore, che dedica brevi cenni pure al Migratory Bird Treaty Act, alla migrazione inversa, speculare e per la muta. Completano il volume un’attenta bibliografia e l’ottimo indice analitico.

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