SOCIETÀ
Quando la giustizia smuove la politica: il caso della legge tedesca sul clima
Manifestanti per il clima in Germania, 20 settembre 2019. Foto: Markus Spiske/Unsplash
Quello delle climate change litigations è un filone del diritto ambientale che, negli ultimi anni, sta vivendo una rapida espansione. La climate litigation è un’azione legale portata avanti solitamente da individui e/o organizzazioni non governative contro governi e grandi aziende allo scopo di condannare l’inerzia delle istituzioni, pubbliche e private, nel prendere provvedimenti adeguati a contrastare la crisi climatica. Secondo l’ultimo UNEP Global Climate Litigation Report, relativo ai dati del 2020, dal 2017 allo scorso anno le climate litigations intentate in tutto il mondo sono pressoché raddoppiate: si va dagli 884 casi in 24 Paesi del 2017 ai 1550 casi in ben 38 Paesi del 2020.
Sono dati importanti, che mostrano come, da parte della società civile, l’impegno e l’interesse per le questioni legate alla crisi climatica stiano crescendo, e come la negligenza di Stati e corporation sia sempre meno tollerata.
Anche in Europa, negli ultimi anni, sono state intentate diverse cause contro gli Stati, accusati di mettere a repentaglio la vita e il benessere dei propri cittadini (presenti e futuri). Tra le più note azioni legali “climatiche”, ricordiamo la storica sentenza che ha concluso il caso Urgenda, in Olanda, nella quale i giudici hanno condannato lo Stato olandese ad implementare interventi più decisi in tempi brevi per la riduzione delle emissioni climalteranti. Molto recente è anche la vittoria dell’Affaire du Siècle, a conclusione del quale la Francia è stata condannata per inazione climatica. Circa un mese fa, a giugno del 2021, anche in Italia è stata avviata un’azione legale contro lo Stato per inadempienza climatica: alla campagna, denominata Giudizio Universale, hanno aderito numerose associazioni e più di duecento ricorrenti singoli, tra cui molti giovanissimi.
Nel panorama europeo delle climate change litigations, un’attenzione particolare va riservata a quanto recentemente accaduto in Germania. Qui, infatti, una pronuncia del Tribunale costituzionale del marzo 2021 ha dichiarato parzialmente incostituzionale la legge sul clima (Klimatpaket) approvata dalle Camere nel dicembre 2019. Si tratta, come è stato da più parti sottolineato, di un traguardo storico: le argomentazioni impiegate dai giudici tedeschi sono infatti innovative, e armano il diritto ambientale di nuovi strumenti per contrastare la crisi climatica già in atto.
L'intervento di Maria Theresia Rörig. Servizio di Sofia Belardinelli, montaggio di Barbara Paknazar
A commentare con Il Bo Live l’importanza della sentenza del Tribunale di Karlsruhe è Maria Theresia Rörig, avvocato e responsabile del German Desk del team BDC Studio Legale nonché National Expert presso il Servizio Studi della Corte costituzionale italiana.
«È innanzitutto interessante ricordare la genesi di questa ordinanza. In Germania, infatti, esiste la possibilità, per i singoli cittadini e per le associazioni, dopo aver esaurito tutte le altre vie legali, di rivolgersi direttamente alla Corte costituzionale senza la mediazione di un giudice. Tale possibilità non esiste in tutti i Paesi: l’ordinamento italiano, ad esempio, non la prevede. Nel caso in questione, tra i ricorrenti vi sono anche molti giovani e giovanissimi – tra cui anche minorenni –, che hanno deciso di rivolgersi al Tribunale costituzionale per difendere il proprio diritto a ricevere in eredità dalla generazione precedente un ambiente quanto più sano possibile».
«Tra i tanti aspetti innovativi dell’ordinanza, è di particolare interesse la centralità riservata alla tutela dei diritti delle future generazioni», afferma Rörig. «D’altra parte, in Germania la stessa Costituzione, la “Legge fondamentale” (Grundgesetz), prevede la salvaguardia dei diritti dei cittadini futuri. A stabilirlo è l’articolo 20a, che recita: “Lo Stato tutela, assumendo con ciò la propria responsabilità nei confronti delle generazioni future, i fondamenti naturali della vita e gli animali mediante l'esercizio del potere legislativo, nel quadro dell'ordinamento costituzionale, e dei poteri esecutivo e giudiziario, in conformità alla legge e al diritto”.
Sulla base di questo articolo, i giudici di Karlsruhe hanno sottolineato e più volte ribadito, nel testo dell’ordinanza, come proteggere le future generazioni sia un vero e proprio dovere costituzionale, che lo Stato deve rispettare».
Tra le principali obiezioni mosse al Klimatpaket del 2019 vi è infatti l’assenza di una chiara definizione degli obiettivi di mitigazione e adattamento per il periodo che va dal 2031 al 2050: tale mancanza è, secondo i giudici, un sintomo di negligenza da parte dello Stato tedesco, nella misura in cui procrastina l’adozione di misure abbastanza stringenti e lascia a chi vivrà nei prossimi decenni i sacrifici più grandi.
Foto: Oscar Kadaksoo/Unsplash
«Vi sono due princìpi di particolare importanza richiamati nell’ordinanza», spiega l’avvocato. «In primo luogo, vi è la regola di custodia del tempo: esso è infatti una variabile fondamentale per la tutela delle future generazioni dagli effetti della crisi climatica, e per questo si configura il dovere di adempiere agli impegni di riduzione delle emissioni (e alle azioni ad essi correlate) in modo rapido, così da garantire che le future generazioni possano mantenere quei benefici di cui chi vive oggi può ancora godere. Il tempo cinge il nucleo essenziale dei diritti e delle libertà presenti e future: il pericolo di future restrizioni alle libertà mette in discussione, già oggi, diritti fondamentali, perché questo pericolo è già inerente al diritto attualmente in vigore. In secondo luogo, bisogna tenere in considerazione anche il cosiddetto “effetto preliminare ineludibile”: già sappiamo che qualsiasi emissione di gas serra consentita oggi deve considerarsi una minaccia legalizzata per l’esercizio di libertà e diritti futuri», dato che ogni sforzo non compiuto oggi si riverserà sulle generazioni future, che avranno a disposizione un lasso di tempo sempre minore e oneri sempre più gravosi per difendere i propri benefici e per evitare che la crisi climatica porti a effetti distruttivi irreversibili.
Pochi mesi dopo la pronuncia del Tribunale costituzionale, a giugno 2021, entrambe le Camere del Parlamento tedesco hanno approvato una nuova versione della legge sul clima, aggiornata in base alle indicazioni dei giudici. Pur avendo tempo fino alla fine del 2022, alcune delle modifiche sono state già inserite nel Klimatpaket. In particolare, il legislatore ha deciso di “alzare l’asticella” per alcuni obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale: in base all’emendamento, infatti, lo Stato tedesco dovrà raggiungere la neutralità climatica entro il 2045 (non più entro il 2050); entro il 2030, bisognerà ridurre le emissioni del 65% rispetto al 1990 (non più del 55%); inoltre, entro il 2040 le emissioni dovranno essere l’88% in meno rispetto al 1990.
«Per quanto positiva – commenta Rörig – la modifica è stata accolta con scetticismo da alcune parti politiche, soprattutto di opposizione. I Verdi, ad esempio, hanno sottolineato come questi nuovi obiettivi siano ancora troppo blandi, e come nella nuova stesura della legge manchino indicazioni chiare sulle misure da attuare per raggiungerli. Potrebbe darsi che, essendo ormai vicine le elezioni, il governo uscente non abbia voluto entrare troppo nel dettaglio. In ogni caso, il testo potrà ancora essere integrato e corretto fino alla fine del 2022, data ultima stabilita dal Tribunale costituzionale».
L’ambito delle climate change litigations a livello costituzionale, come in questo caso, sembrano essere uno strumento potente e innovativo in mano ai privati e alla società civile, con il potenziale per costringere gli Stati a intervenire tempestivamente per tutelare, con ogni mezzo possibile, la salute dei propri cittadini e quella del pianeta.