In quest’anno in cui tutto viene riformulato, anche il premio letterario più importante d’Italia si riscrive: la nomina della cinquina dello Strega ieri è avvenuta con voto esclusivamente online e la serata è stata fruibile solo in streaming, mentre Loredana Lipperini intervistava gli autori semifinalisti a debita distanza e questi toglievano e mettevano la mascherina. Eppure l’emozione è rimasta la stessa di sempre.
E, ventun anni dopo l’ultima volta (era il 1999, dopo il 1953, il 1960, il 1961, il 1963, il 1979, il 1986), ad andare in finale quest’anno non è una cinquina di libri, ma sono sei romanzi. Stavolta però non per ragioni di ex-aequo, ma per l’applicazione, per la prima volta, della cosiddetta “clausola di salvaguardia” (l’articolo 7 del regolamento del Premio) introdotta da Tullio De Mauro ma cui non si era mai ricorsi prima – ha spiegato la presidente del Premio la scrittrice Melania Mazzucco (in libreria con L’architettrice per Einaudi) – perché in finale era sempre “naturalmente” arrivato un libro pubblicato da un piccolo o medio editore.
La Nave di Teseo (che quest’anno concorre con nientemeno che Sandro Veronesi, il cui Il colibrì è andato in ristampa ben dodici volte vendendo decine di migliaia di copie) non può più – ha specificato – considerarsi un medio editore, anche solo per l’importanza del catalogo oltre che per la sua diffusione. Tra le ultime pubblicazioni de La Nave, infatti, il nuovo romanzo della maestra della narrativa americana Joyce Carol Oates, Ho fatto la spia, l’autobiografia di Woody Allen, o anche la riedizione de Il nome della rosa, i cui diritti migrano, dopo quarant’anni dalla pubblicazione, alla casa editrice di cui lo stesso Eco è stato fondatore, idealmente “tornando a casa”. Che quindi si mostra, oggi, già fortemente affermata e ancora in ascesa.
Ecco che la presenza in cinquina de Il colibrì (al primo posto, peraltro, con 209 voti) non basta per soddisfare la clausola di salvaguardia e viene “ripescato” uno dei favoriti: Jonathan Bazzi con Febbre, pubblicato per i tipi di Fandango, una storia che attraversa “il tempo” del protagonista a partire dalla scoperta dell’origine della febbriciattola che lo tormenta divenendo, questa, l’occasione per rileggere il suo passato.
Al secondo posto il “bestsellerista” Gianrico Carofiglio (199 voti) con La misura del tempo (Einaudi Stile Libero), un nuovo caso dell’avvocato Guido Guerrieri che il narratore tanto bene ci ha fatto conoscere sin dai suoi esordi per Sellerio. Ma, come sempre nei romanzi dell'ex magistrato, la trama è a servizio anche di una riflessione più intima e il cui tema quest’anno accomuna la gran parte dei romanzi finalisti: il rapporto tra passato e presente, come se, in una sorta di chiamata dell’inconscio collettivo, fosse venuto il momento di fermarsi a rifletterci.
Ex aequo con Carofiglio Valeria Parrella con Almarina (Einaudi), un romanzo che Francesco Piccolo (vincitore dello Strega nel 2014) ha definito un esempio di “letteratura civile” e che racconta l’incontrarsi di due solitudini nel buio sospeso e lucente di un’isola che è – letteralmente – un carcere.
Segue un maestro del mondo editoriale, Gian Arturo Ferrari, di cui Ragazzo italiano costituisce l’esordio da narratore (per Feltrinelli) e che totalizza 181 voti. Il suo romanzo si offre come l’affresco di un Paese, il nostro, e della sua Storia, attraverso le vicende di un singolo, e quindi unico e irripetibile, dei suoi figli.
Infine la (bella) sorpresa della serata: al quinto posto c’è Daniele Mencarelli con Tutto chiede salvezza (Mondadori), vincitore del Premio Strega Giovani 2020 annunciato proprio ieri prima della sestina finalista del premio maggiore, che il poeta e narratore ha dedicato a tutti coloro che vengono sottoposti a un TSO, come accade al protagonista della sua storia.
Romanzi affatto diversi quelli che compongono il ventaglio dello Strega di quest’anno e che, si sa, saranno tra i più letti dell’estate (il 2 luglio sarà annunciato il vincitore), anche se già avevano parecchio viaggiato tra le mani dei lettori, specie in questi strani mesi in cui le uscite erano state “congelate” dalla pandemia. Come ad esempio Il colibri di Sandro Veronesi che aveva riscosso enorme successo di critica e pubblico appena arrivato in libreria lo scorso autunno, portando sulla pagina una storia che nel titolo si fa metafora, richiamando quell’animale che, battendo furiosamente e insieme lievemente le ali, riesce a volare restando fermo. Che è quello che a noi tutti, in questi mesi, è stato chiesto di fare.
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