CULTURA
Venezia1600. Sul grande schermo tra meraviglia, fragilità e contraddizioni
Katharine Hepburn e Rossano Brazzi in una scena di Summertime (1955)
Sono centinaia i film girati a Venezia. I suoi paesaggi d'acqua, le calli, la storia, le conferiscono un fascino che il cinema ha sempre voluto catturare. Ma non è solo la bellezza di questa città unica ad aver ispirato registi italiani e stranieri ad ambientare qui i loro film. Il cinema ha infatti raccontato molto di più di Venezia, a cominciare dalla sua fragilità e dai suoi aspetti più “finti”.
Insieme al professor Michele Gottardi, critico cinematografico e docente all'università Ca' Foscari, ripercorriamo questo rapporto profondo e duraturo tra Venezia e il grande schermo, ricordando alcuni dei film più celebri girati in questa città, alla ricerca di caratteristiche ricorrenti e linguaggi diversi, muovendoci attraverso le epoche e i generi cinematografici.
L'intervento completo del professor Gottardi sulla storia dei film ambientati a Venezia. Montaggio di Elisa Speronello
“Tra i migliaia di film girati a Venezia ci sono dei leitmotiv ricorrenti, come il mistero, l'avventura e il fascino seducente della città”, racconta il professor Gottardi. “Ci sono però anche delle costanti che si evolvono nel tempo. Venezia si porta dietro una specie di maledizione nell'Ottocento: quella della leggenda nera e delle congiure. Questo viene riproposto anche sul grande schermo, soprattutto quando il cinema prende piede a Venezia con il Cinevillaggio durante il periodo del fascismo. Allora l'Italia è divisa in due e molti degli stabilimenti romani di Cinecittà, come quello dei fratelli Scalera, si trasferiscono a Venezia, nella Repubblica di Salò.
Negli anni Trenta e Quaranta, il regime fascista vuole che Venezia sia raffigurata come una città che ha alle sue spalle una storia contorta, di congiure, riprendendo la storiografia antiveneziana dell'Ottocento. La raffigurazione storica di Venezia, in questo senso, è strumentale per far risaltare invece la trasparenza e la cristallinità dei Savoia. Era un modo per diminuire il fascino delle storie locali e degli stati regionali per esaltare, piuttosto, la monarchia.
Questo tipo di lettura scompare poi con la fine della guerra, quando cominciano le prime produzioni internazionali. All'inizio degli anni Cinquanta vengono girati, in particolare, Summertime e Senso. In Summertime, una splendida americana interpretata da Katherine Hepburn arriva a Venezia, entusiasta all'idea di trascorrere le sue vacanze in questa città. Sul vaporetto incontra però un americano che le dice qualcosa che la lascia basita: Venezia è tutta finta. Non è altro che una specie di Disneyland. Questo è emblematico perché ci racconta che agli occhi di un americano che faceva il giro dell'Europa passando per Venezia, la città sembrava quasi finta.
In Senso, invece, un tema centrale è quello del tradimento continuo, che rappresenta quasi l'immagine stessa della città. Livia Serpieri, interpretata da Alida Valli, tradisce prima la sua natura aristocratica, poi la causa dei patrioti e anche il suo amante, l'ufficiale austriaco. Per certi versi, il suo comportamento è simile a quello della città di Venezia, che tradisce se stessa più di una volta per questioni economiche, dando la priorità al guadagno e alla sua mercantilizzazione.
Successivamente, Venezia inizia ad essere rappresentata nel cinema anche con gli effetti speciali tipici dei grandi film come A 007, dalla Russia con amore che si conclude in una suite dell'hotel Danieli. Negli stessi anni, però, vengono raccontati anche i problemi di turismo crescente della città e il dissidio dei veneziani. Il film d'esordio di Tinto Brass, Chi lavora è perduto, racconta tutta la tristezza di una generazione di ex partigiani che aveva creduto di un'Italia diversa, che si era invece persa nel boom economico. In questo periodo, quindi, Venezia viene raccontata dalla grande produzione internazionale attraverso scene spettacolari e trame dense di intrighi, ma anche con una certa malinconia in film come quello di Tinto Brass che raccontano il decadimento della città sempre più assorbita dalle logiche della produzione di massa”.
Scena finale del film “Chi lavora è perduto” di Tinto Brass (1963)
Un avvenimento che sembra aver avuto un certo impatto sul cinema è il grande alluvione del 4 novembre 1966, la spaventosa “Aquagranda”. Pochi anni dopo, infatti, vengono girati due film importanti: Anonimo veneziano di Enrico Maria Salerno e Morte a Venezia di Luchino Visconti. “Sono due film molto diversi ma che ci riportano entrambi a certa tradizione negativa”, spiega il professor Gottardi. “Ritorna il senso di morte. Autori come Mann e Marinetti, già prima della guerra, avevano parlato di una Venezia decadente e ammorbata (dal colera, nel caso di Mann). Viene riproposta quindi Morte a Venezia in un momento in cui si sentiva molto, sulla coscienza popolare, il peso dell'alluvione e il ricordo della fuga dei residenti verso la terra ferma.
In Anonimo Veneziano, invece, Salerno racconta la storia di un musicista che ha un tumore e vuole rivedere per l'ultima volta la sua ex moglie. È un film che insiste moltissimo sul tema della morte, suggerendo addirittura che chi non conosce la morte non può amare Venezia.
“ “Venezia è marcia. Questi colori glieli dà il marciume che la divora da secoli. Muore! Tornerà ad essere il fango che era”. “È proprio questo che la fa bella. Ma non tutti possono capire: bisogna avere in sé il senso della morte” Valeria ed Enrico in “Anonimo Veneziano” di Enrico Maria Salerno (1970)
L'”eredità negativa” di questi registi è l'aver dato inizio, a partire dagli anni Settanta, a un filone pesantissimo, dal punto di vista culturale, di film che restano nel solco della morte di e per Venezia, di cui fa parte anche Fatti di gente per bene di Mauro Bolognini.
Morte a Venezia, regia di Luchino Visconti (1971)
Tra gli anni Ottanta e Novanta assistiamo poi alla ripartenza delle produzioni internazionali”, continua il professor Gottardi. “Alcune di queste si sono appoggiate anche a dei service di cinema veneziani, dando quindi lavoro alla gente locale. In molti casi, comunque, Venezia diventa più che altro una quinta, un fondo scenico. Uno tra i più celebri è Indiana Jones e l'ultima crociata, del 1989, in cui vediamo una scena che si svolge nelle fogne di Venezia. Ebbene, non esistono dei condotti fognari sotto la città. La scena di Indiana Jones che esce da un tombino davanti alla chiesa di San Barnaba è quanto di più fantasioso possa esistere.
Venezia ha un ruolo meno centrale e più strumentale anche in alcune produzioni a cavallo del 2000, come Tutti dicono i love you, una brillante commedia degli equivoci di Woody Allen del 1996, girata in parte in questa città, e Pane e tulipani di Silvio Soldini. Pane e tulipani ci dice anche che a Venezia si può ancora vivere e che in questa città possono sbocciare non solo le grandi passioni dei turisti americani come quella raccontata in Venezia, la luna e tu – dove Alberto Sordi interpretava un gondoliere dall'accento improbabile – ma anche affetti più genuini, più normali, alla portata di tutti. In questo periodo, quindi, si alterna molto la dimensione da favola e spettacolare di Venezia con quella più quotidiana. Italiano per principianti, ad esempio, è girato anche in quelle zone di Venezia meno conosciute e abitate ancora oggi dai veneziani, come il sestiere di Castello.
Un altro film che utilizza Venezia come una semplice quinta è C'era una volta in America di Sergio Leone, in cui vediamo la spiaggia dell'Excelsior, sul Lido di Venezia, trasformata in una Atlantic City, come a ricordarci che tutto è finzione, e a Venezia è più finzione che mai.
Infine, un altro tema importante nella rappresentazione di Venezia al cinema è quello della distruzione. Ci sono film in cui Venezia crolla. In 007 – Casino Royale del 2006, cade un palazzo di fronte al mercato di Rialto. Un altro caso celebre di distruzione è il recente Spider-man: far from home, in cui l'Uomo Ragno salva Venezia dalla distruzione dalle forze del male tra Rialto e dintorni. Guardando questi film, sembra che anche Hollywood abbia recepito l'estrema fragilità della città. Abbiamo visto altre città, in tanti famosi film catastrofici, che vengono colpite da eventi disastrosi, come ad esempio New York. Eppure, queste vengono distrutte completamente, al contrario di Venezia, che invece viene colpita sulle sue specificità. Assistiamo ad esempio al crollo del ponte di Rialto e di qualche grande palazzo”.
Tornando infine sul tema della finzione, molto spesso vediamo sullo schermo una Venezia che non corrisponde esattamente a quella reale. Come ricorda il professor Gottardi, infatti, “Ci sono alcuni film girati, almeno in parte, all'interno di una “Venezia di cartapesta”, costruita interamente all'interno di set cinematografici. Il bello è che molti di questi film sono talmente finti che sembrano veri. Allora viene davvero da chiederci, riprendendo Summertime, se Venezia non sia una specie di Disneyland. È vera? È falsa? Tutto questo rientra in quell'immagine di Venezia che interessa soprattutto all'America e a Hollywood. Pensiamo ad esempio a Il mercante di Venezia con Al Pacino: molto spesso, ciò che si crede della città e del personaggio si confonde con quello che sono realmente. Insomma, sono tanti i filoni che si intersecano e portano alla costruzione dell'immagine di Venezia nel cinema”.