CULTURA
Michel Serres e quella fiducia nel progresso, nell'umanità e nelle teste vuote
Immersi come siamo in una realtà sempre più digitalizzata, sorge talvolta il timore che il nostro sia un mondo di opportunità promosse dalla virtualizzazione dei mezzi di conoscenza e diffusione della cultura, i quali distolgono l'attenzione dall'autentica promozione del sapere, un tempo difesa dalle grandi istituzioni scolastiche e accademiche. E se invece fosse proprio questa l'epoca in cui la civiltà ha raggiunto uno splendore mai eguagliato prima nella storia umana, non essendoci mai state condizioni così favorevoli alla crescita e alla promozione della scienza e della cultura? Era la fiducia nell'innovazione e nel progresso scientifico quella che proponeva il filosofo della scienza Michel Serres, che si è spento sabato 1 giugno, all'età di 88 anni.
Pensatore appassionato e ottimista, si era sempre battuto sul tema della libera circolazione della conoscenza come condizione fondamentale per il progresso umano, rifiutando la tendenza di alcuni intellettuali a demonizzare l'attualità nel ricordo di un mitico passato in cui, per qualche motivo, la cultura aveva un valore maggiore e il mondo della tecnologia non aveva ancora contaminato il modo in cui si disponeva del sapere umano. Lungi dal ritenere la società attuale vittima di un innegabile declino intellettuale, Serres nutriva un'autentica fiducia nel futuro, convinto che il progresso tecnologico avesse un ruolo fondamentale per il progresso scientifico.
Il professor Gaspare Polizzi della Società filosofica italiana e vicepresidente della classe di discipline umanistiche e scientifiche dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, ha curato e tradotto diverse edizioni italiane delle opere di Serres, tra cui il libro del 2012, Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere.
“Si può dire che Michel Serres sia stato uno degli ultimi pensatori globali del nostro tempo”, afferma Polizzi. “Era un filosofo che ha affrontato gli aspetti più diversi della conoscenza. Serres si è prima laureato in matematica, poi si è addottorato in filosofia e la sua produzione, che è vastissima perché supera i 60 volumi, si sviluppa davvero in aree del sapere del tutto diverse, dalla filosofia della geometria, alla metafisica, alla matematica al diritto alla storia romana, alla storia delle religioni, addirittura ai fumetti, essendo stato uno studioso e amico di Hergé, l'autore di Tintin”.
“Quella di Serres è una filosofia che aveva una grande ambizione: raccontare e raccogliere la globalità del sapere”, spiega il professor Polizzi. “Serres sosteneva, tra i primi, che l'età di Prometeo, cioè quella della della produzione e dell'industria stava per lasciare il passo al tempo della comunicazione, e ha messo su un lungo progetto che poi si è raccolto in 5 volumi della serie Hermes, che è appunto il nome del dio greco della comunicazione, dei rapporti, degli scambi. Questa ricerca non è soltanto una ricerca teoretica e filosofica, ma è anche e soprattutto uno sforzo per far sì che la filosofia diventi l'asse portante della ricerca di una nuova alleanza come tra uomini e mondo”.
Di certo il lavoro di Serres non è stato un impegno esclusivamente filosofico. Era un pensatore molto conosciuto in Francia. Era una presenza costante nei media, alla televisione e alla radio. “Non solo era largamente popolare, ma cercava di far si che la filosofia avesse una funzione di quello che ha chiamato contratto naturale, che dovrebbe cioè metterci in rapporto con quella che chiamava la biogea e che dovesse anche guardare al futuro”, aggiunge Polizzi.
Sembra insomma che Serres non avesse mai rimpianti di un fantomatico passato perduto; al contrario, guardava con speranza ai giovani e all'avvenire come la promessa migliore per l'umanità.
È proprio all'interno di questa prospettiva che si colloca Non è un mondo per vecchi. “Il titolo francese forse è anche più evocativo”, chiarisce Polizzi, “perché è Petite Poucette, ovvero Pollicina, la quale era un po' il simbolo della nuova generazione, cioè di coloro che usano lo smartphone e il pollice per comunicare. La sua idea era che attraverso questi nuovi sistemi di comunicazione i giovani hanno rivoluzionato il modo non solo di conoscere ma anche di intraprendere relazioni umane e rapporti pubblici e sociali, e che quindi non solo non si doveva rimpiangere il passato, ma si doveva partire da queste nuove modalità di comunicazione per trasmettere attraverso i giovani il sapere dell'umanità e per andare avanti”.
Come spiega il professor Polizzi, “Serres aveva in mente l'immagine di Dionigi di Parigi, un martire che fu decapitato dai romani e che poi camminò per un po' con la sua testa davanti. Il simbolo era per dire che l'obiettivo della conoscenza, un tempo, era avere una testa piena, perché si metteva nella nostra memoria tutto il sapere possibile. Poi, dopo l'invenzione della stampa e della diffusione dei libri, si cominciò a pensare piuttosto a una testa ben fatta, per dirla con un'espressione tipica di Montaigne. Ora, invece, c'è l'idea di una testa vuota, dentro la quale che non è necessario che ci sia qualche sapere, perché quello lo abbiamo davanti a noi. Negli strumenti informatici che possediamo abbiamo un sapere globale che possiamo rendere e far emergere in qualunque momento. Per cui, proprio questa testa vuota ha davanti due possibilità: o il peggior mondo possibile, cioè quello in cui non ci sono più mente e cervello, oppure il migliore possibile, il cui si può sviluppare il massimo della creatività”.
Ecco perché, proprio grazie alle nuove tecnologie, abbiamo depositato tanto sapere negli strumenti informativi, “il che ci permette di sviluppare meglio che in passato la creatività, la comunicazione e le relazioni tra gli uomini, in quella che per Serres era una prospettiva di pace e di diffusione di una umanità che deve guardare a salvare il pianeta e i diritti della terra, piuttosto che a farsi la guerra”, conclude Polizzi.